III° DOMENICA DI PASQUA

spezzare_il_paneResta con noi, Signore”: dovrebbe essere la preghiera che sale dai nostri cuori al Signore Risorto e che insistentemente chiede da lui la forza per affrontare il cammino terreno della nostra vita. Ringraziamo il Signore per la sua presenza con noi.

Erano disperati i due discepoli che affrontavano il cammino verso Emmaus. Avevano posto la loro speranza in un maestro, ma con la sua morte le speranze si sono tramutate in delusioni: speravamo, dicono e non c’è più alcun motivo per continuare a sperare. Il cammino è affrontato con tristezza e paura. I ricordi non sono belli ed aumentano ancora di più l’angoscia del cammino. Si sentono soli ed abbandonati, delusi da colui in cui avevano posto ogni speranza. Anche quel viandante che si affianca loro dà quasi fastidio: è uno che non è stato attento a tutto quello che è successo a Gerusalemme, solo tu sei forestiero.

Eppure lo ascoltano volentieri, parla lui e loro lo ascoltano nel silenzio del cuore ed alla fine riconosceranno che il loro cuore ardeva mentre lo ascoltavano. Nel silenzio del cuore entra la parola di Dio con la sua forza e penetra le profondità del cuore. La paura cede il passo all’accoglienza. Invitano il Signore a stare con loro: resta con noi perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto. Nel buio della vita sarà Lui ad accendere la nostra vita, quando anche nella nostra anima scende la sera e paura e tristezza sembrano prendere sopravvento, bisogna dirGli: Signore resta con noi.

Attorno alla mensa, attorno ad un gesto semplice e quotidiano come spezzare il pane, riconoscono il loro maestro. Veramente toccante questa scena: pensate come si emozionano i due al vedere il loro maestro vivo davanti a loro! Come si accendono le luci della speranza nel loro cuore mentre egli condivide il pane con loro! Avevano iniziato il viaggio carichi di tristezza, delusione e paura, ora però è cambiato tutto: non ardeva il nostro cuore! Inizia una nuova vita e ritornano a testimoniare tutto l’accaduto agli altri.

Un cammino, una mensa e una testimonianza: sono le tre cose che devono rimanere nel nostro cuore dopo che abbiamo riflettuto sulla Parola che il Signore ci ha donato oggi. Noi siamo in cammino nella nostra vita e bisogna continuamente pregare che il Signore rimanga con noi sempre. Se lo ascoltiamo nel silenzio del nostro cuore ci accenderà con la luce del Suo Spirito.

Ogni volta che celebriamo l’Eucarestia, è Cristo stesso che si spezza per noi e si dona completamente per ciascuno di noi. Lui prende il pane, recita la preghiera e lo dona a noi. Un gesto semplice e quotidiano: quante volte anche noi abbiamo partecipato a questi gesti nella celebrazione eucaristica! Ascoltiamo la Parola e ci comunichiamo al pane eucaristico. Il nostro cuore arde o rimane sempre freddo? Bisogna domandarcelo qualche volta. La Parola ascoltata e il pane condiviso ci darà l’entusiasmo e gioia nel testimoniare davanti agli altri la nostra fede nel Signore risorto.

Chiediamo allora che la Parola entri con tutta sua forza nel nostro cuore e che il Pane del cielo ci rafforzi nel cammino.

Buona domenica a tutti!
P. Sabu

III° DOMENICA DI QUARESIMA

donna-pozzoQuesta domenica è la domenica della samaritana oppure la possiamo chiamare domenica dell’acqua viva, dipende dai punti di vista. Il racconto fa subito saltare agli occhi questo dialogo che Gesù, vera acqua, ha con la samaritana assetata dell’acqua della grazia del Signore. All’apparenza è Gesù che domanda l’acqua alla samaritana, ma nello sviluppo del racconto si capisce come è la samaritana che ha bisogno del vero amore di Dio.

Dammi da bere”: è una richiesta che Dio continua a fare a ciascuno di noi anche oggi. La risposta che diamo a Gesù ci renderà veri adoratori, quelli, cioè, che adorano Dio in Spirito e Verità. L’incontro di Gesù con la samaritana ha significato per noi nella misura in cui anche noi siamo pronti ad accogliere il Signore cercando di estinguere la sua sete di amore. Bisognerebbe leggere insieme questo dammi da bere con quel “ho sete” che Gesù pronuncia  dalla croce.

Gesù domanda l’acqua alla samaritana, ma non per ricevere piuttosto per dare. Infatti dirà alla samaritana che lei stessa avrebbe chiesta dell’acqua a lui se l’avesse riconosciuta. Quindi per domandargli l’acqua di vita eterna, prima di tutto bisogna conoscerlo e tutto il cammino della quaresima è un impegno nostro nel conoscere sempre meglio colui che ci porta la salvezza, donando la sua vita per ciascuno di noi. Una volta che lo conosciamo, possiamo anche noi rivolgerci a lui, come la samaritana, dicendogli di darci quell’acqua che ci disseterà per sempre.

L’incontro della samaritana con Gesù è un cammino di formazione della fede. Parte dalla semplice conoscenza di Gesù come un rabbì giudeo. Ad un certo punto, quando Gesù le parla della sua vita matrimoniale riconosce in lui un profeta e nel mentre camminava verso i suoi concittadini riflette su questo incontro e quando arriva dai suoi conterranei si pone il dubbio: Ma sarà lui il Messia? Anche il nostro cammino di fede è frutto di scoperte che noi facciamo di Dio. Più si va avanti più ci accorgiamo che lo conosciamo sempre meno e che abbiamo ancora bisogno di fare tanta strada. Abbiamo bisogno di lasciare, come la samaritana, l’anfora della nostra realtà ai piedi di Gesù e chiedergli che rinnovi il nostro cuore.

La bellezza di questo incontro è proprio la conclusione. Non solo la samaritana si incontra con Gesù, ma rafforzata da questo incontro, lo presenta anche ai suoi concittadini. Se dovesse essere solo un’esperienza personale il nostro incontro con Dio sarebbe poco significante. Acquista valore quando riusciamo a testimoniare di fronte agli altri questo incontro. Comunque la testimonianza degli
altri non basta, ogni individuo è chiamato ad una relazione personale con Dio. Pensate alle parole dei concittadini della samaritana: Non più per le tue parole noi crediamo, ma perché abbiamo udito e visto che lui è il salvatore del mondo. Questo è il cammino di fede. Possiamo avere testimonianze eccezionali su Dio, ma se non diventa un’esperienza personale dove davvero l’amore di Dio entra in noi e ci spinge verso gli altri, rimane qualcosa di astratto e non contagia la nostra vita di ogni giorno.

L’esperienza della donna samaritana diventi un esempio anche per ciascuno di noi, diventi un invito per riscoprire Dio quotidianamente nella nostra vita e che ci insegni ad essere fedeli alla testimonianza che siamo chiamati a rendere a Dio di fronte agli altri. Preghiamo perché lo Spirito che ci invita ad adorare Dio nel nostro cuore, ci illumini e ci custodisca sempre nella grazia di Dio.

Buona domenica a tutti!
P. Sabu

Percorso di preparazione al Matrimonio – Vicariato di Campiglia M.ma e Castagneto C.cci

Parrocchia Sant’Alfonso Maria Liguori
San Vincenzo
Vicariato di Campiglia M.ma e Castagneto C.cci

PERCORSO DI PREPARAZIONE AL MATRIMONIO

Le date degli incontri:
  • 10 febbraio 2017 ore 21,00 in Sant’Alfonso. Tema dell’incontro:
    Introduzione al Sacramento del Matrimonio”.
    Relatore don Marcello Boldrini – Vicario generale.
  • 17 febbraio 2017 ore 21,00 in Sant’Alfonso. Tema dell’incontro:
    L’esperienza del perdono”.
    Relatore don Franco Guiducci.
  • 24 febbraio 2017 ore 21,00 in Sant’Alfonso. Tema dell’incontro:
    Il vivere e le testimonianze vissute del matrimonio”.
    Relatore una coppia.
  • 3 marzo 2017 ore 21,00 in Sant’Alfonso. Tema dell’incontro:
    In due verso un cammino di speranza”.
    Relatore Agnese Cerbai.
  • 10 marzo 2017 ore 21,00 in Sant’Alfonso.
    Relatore Mons. Vescovo Carlo Ciattini.

III° DOMENICA DI AVVENTO

andate-e-riferiteSei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettarne un altro?”, una domanda sconcertante che Giovanni Battista fa recapitare a Gesù tramite i suoi discepoli. Com’è possibile? Giovanni è stato colui che
aveva battezzato Gesù sul Giordano e in quel momento c’era la voce del Padre che diceva: “Questo è il mio figlio prediletto”. Aveva visto lo spirito del Padre scendere sul Figlio come una colomba. Come fa uno come lui ad avere dubbi sulla persona di Cristo?

Forse questa domanda non è tanto per il Battista, ma per ciascuno di noi. Chi di noi può dire di non aver mai avuto dei dubbi nel suo cammino di fede? Chi può essere così sicuro da dire di non aver mai tolto il suo sguardo dall’unico maestro che è Gesù? Ognuno di noi sa quale cammino fa nella propria vita e alle volte con quanta fatica porta avanti questo cammino.

Giovanni aveva predicato, come del resto tutti i profeti dell’Antico Testamento, che il tempo del Messia sarà un tempo terribile e sarà un tempo di giustizia dove a trionfare sarà la gloria del Signore e tutti i peccatori subiranno una sorte terribile. Il volto di Dio che Gesù è venuto a portare nel mondo è un volto misericordioso e proprio questa pedagogia di Gesù non andava d’accordo con le aspettative messianiche della gran maggioranza della gente di allora. In qualche modo anche Giovanni rappresenta queste categorie di persone e rappresenta ciascuno di noi soprattutto quando noi ci troviamo nei momenti di dubbio e di confusione nel nostro cammino di fede.

C’è un’altra corrente di pensiero che parla di come Giovanni Battista abbia mandato i suoi discepoli verso Gesù perché potessero scoprire in prima persona questo grande Maestro e seguirlo nella loro vita. Quindi non un dubbio, ma un completamento della sua missione che motiva Giovanni a mandare i suoi discepoli a Gesù.

Alla domanda diretta, Gesù non dà una risposta diretta, ma offre una risposta più efficace. Non fa parlare le parole, ma i fatti. Infatti, ciò che dice ai discepoli di Giovanni è: “Andate e riferite“. Bisogna pensare che questo imperativo al plurale ha il significato di rendere testimonianza. Al tempo di Gesù si riteneva valida solo la testimonianza portata avanti da due persone e non da una persona sola. Pensate anche all’episodio dove  Gesù manda a due a due i settantadue discepoli avanti a lui.

Parlano i fatti: i ciechi vedono, i sordi ascoltano, i morti sono risuscitati e ai poveri è annunciata la buona notizia. Sono tutti segni messianici che i profeti avevano annunciato e che si compiono in Gesù. Con un’eloquenza disarmante questi segni dovevano dire a Giovanni che ormai il tempo d’attesa è finita perché lui, il Messia, è presente nel mondo.

Il mondo in cui viviamo oggi ci mette davanti agli occhi quasi esclusivamente le cose che non vanno e ci sembra sia impossibile avere un briciolo di speranza per andare avanti sereni. Bisogna avere più fiducia nel Signore, bisogna cercare di imparare sempre di più e sempre di meglio da lui. Testimoniamo insieme con i nostri fratelli la gioia del Signore che viene a visitarci. Man mano che si avvicina questo giorno la nostra gioia cresce. Ringraziamo il Signore e chiediamo che lo Spirito del Padre ci illumini il cammino.

Buon cammino di Avvento a tutti!

P. Sabu

XXXIII° DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

arch_of_titus_menorahSiamo alla penultima domenica dell’anno liturgico e la Parola di Dio, nonostante quel linguaggio che gli esperti chiamano “apocalittico”, oggi ci invita ad aver fiducia e speranza in Dio e trovare in lui la nostra consolazione e a non lasciarci ingannare da quello che succede attorno a noi.

I discepoli guardano la bellezza del tempio di Gerusalemme, ma Gesù che vede oltre il visibile annuncia che di tutto quello che ammirano non resterà pietra su pietra. Ovviamente tutti sono sbalorditi di fronte alle parole di Gesù, ma lui non si scompone e continua a parlare loro degli sconvolgimenti che ci saranno nella natura e le persecuzioni che dovranno affrontare i suoi  discepoli. Nonostante ciò il discepolo è chiamato ad aver fiducia.

Le parole del Vangelo hanno un’attualità incredibile per noi oggi: sembra proprio che Gesù le abbia dette tenendo presente tutto ciò che succede attorno a noi oggi. Chissà quante volte anche noi abbiamo ammirato le bellezze delle opere d’arte delle nostre chiese o dei musei e in un attimo tutto è sparito per un terremoto o per una qualsiasi calamità naturale! Nel sentire dei fatti terrificanti anche noi, almeno qualche volta, ci siamo domandati sul senso della nostra vita e sulla fine della nostra storia. La Parola di Dio ci invita a meditare sul fine della nostra storia perché è Dio che conduce la storia e noi siamo nelle sue mani.

Nonostante le difficoltà e le persecuzioni i discepoli del Signore hanno la loro fiducia nel Signore: “Nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto”, questo non significa che ci verranno risparmiate le persecuzioni e le sofferenze, ma in tutto ciò Dio sarà al nostro fianco e ci dirà tutto quello che siamo chiamati a fare nel nostro cammino.

L’ultima raccomandazione che lascia ai suoi discepoli è quello di perseverare nel proprio cammino. Essere perseveranti vuol dire essere coerenti, essere fedeli, essere tenaci. Sappiamo quanto è difficile nel mondo di oggi essere dei cristiani veri. Immaginate gli ambienti di lavoro, le cerchie dei nostri amici: ci fanno venire quasi la voglia di nascondersi, di nascondere la nostra fede. Ma sono proprio quelli i momenti dove siamo chiamati a rendere testimonianza al Signore. La nostra perseveranza, quindi, non è qualcosa di straordinario da mostrare in qualche momento della nostra vita, ma qualcosa di immensamente ordinario e che ci aiuta ad essere cristiani ogni giorno della nostra vita con coraggio.

Sappiamo che questa perseveranza non è cosa facile per noi e allora bisogna fare sempre riferimento al Signore e alla sua grazia. Se Lui è uno che tiene conto anche di un solo capello del nostro capo, proviamo anche noi ad avere più fiducia, a trovare consolazione nelle sue parole. Con la nostra perseveranza, dimostrata nelle situazioni concrete della vita quotidiana salveremo anche noi la nostra vita.

Chiediamo che ci aiuti con la sua grazia, ci illumini col suo Spirito e ci insegni la strada da seguire.

Buona domenica a tutti!

P. Sabu

V° DOMENICA DI PASQUA

L'ultima cena in un dipinto di Philippe de Champaigne (XVII secolo).La legge dell’amore come base del vivere cristiano personale e comunitario: possiamo sintetizzare così il messaggio della Parola di Dio di oggi. Nella prima lettura c’è l’esempio di Paolo e Barnaba che ritornando dalla loro missione riferiscono alla comunità tutto ciò che Dio aveva fatto per mezzo di loro: non tengono per sé stessi la gioia della predicazione. Il brano dell’Apocalisse ci mostra la Gerusalemme nuova che scende dal cielo, che è l’immagine della Chiesa, e viene annunciata come la tenda di Dio tra gli uomini. Nel brano del Vangelo Gesù dice ai suoi discepoli che devono avere l’amore gli uni per gli altri perché sarà il segno del loro essere discepoli del Maestro.
La vocazione di ogni cristiano è quella di testimoniare questo amore di Dio nel mondo perché diventi il segno visibile della presenza di Dio. Gesù dice ai suoi discepoli che offre loro un comandamento nuovo. Il fatto che rivolga queste parole durante l’ultima cena acquista una grande importanza. Sono gli ultimi momenti che il Maestro trascorre insieme con i suoi discepoli e queste parole diventano il testamento che lascia ai suoi un’eredità che devono condividere tra loro.
Ma la vera novità che Gesù porta non è il comandamento dell’amore in sé perché era già presente nell’Antico Testamento. Quel Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri” è la novità assoluta. Coloro che si dicono cristiani non hanno alibi, hanno un solo esempio, quello del Maestro e il suo comandamento non è astratto, ma posizionato nelle realtà concrete della vita quotidiana e diventa un comandamento sempre nuovo. Non perde mai la novità perché le situazioni della vita umana cambia ogni giorno e il cristiano è chiamato ad incarnarsi in quelle situazioni per amare come ha amato il Cristo.
Ecco dove sta la vera difficoltà nostra nel vivere l’amore. Finché ne parliamo va bene, ma quando si tratta di tradurlo nella quotidianità diventa davvero difficile amare come Lui ha amato. Un amore incondizionato che non tenga conto della propria vita e si spende perché gli altri abbiano la vita in abbondanza, un amore che si china sui piedi del prossimo e si fa schiavo dell’altro è ciò che il Maestro ci ha fatto vedere con il suo esempio. E siamo chiamati a vivere questo amore non solo singolarmente, ma come comunità. Infatti ci dice: “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri”.
La domanda da farci è allora come viviamo questo amore nella vita personale e comunitaria. Il cristiano non è una lampada nascosta sotto il moggio, ma messa sul candelabro perché tutti quelli che entrano abbiano la luce e possano vedere. Chiediamo che il Signore ci doni la grazia di testimoniare il suo amore nel mondo e vedendo la nostra testimonianza gli altri possano ringraziare il Signore ed avvicinarsi a Lui.
Buona Domenica a tutti!

P. Sabu