Venite a me e imparate da me: questo è l’invito che Gesù rivolge a ciascuno di noi oggi attraverso la sua parola. Siamo chiamati a stare alla scuola di Gesù e imparare da lui ciò che ci serve per affrontare il cammino quotidiano della vita. Siccome ciascuno di noi può sentirsi stanco ed oppresso in vari momenti della propria vita, questo invito è da custodire come un tesoro e chiediamo che il Signore ci doni sempre la sua parola.
Il brano che oggi, nella prima parte ci parla della lode che Gesù rende al Padre per il suo disegno di salvezza per gli uomini. Nella seconda, della reciprocità della relazione tra il Padre e il Figlio e nella terza ci mostra che cosa dobbiamo fare per essere davvero discepoli del Signore.
Il punto di partenza è la relazione tra il Padre e il Figlio perché il progetto di salvezza per gli uomini parte dall’amore di Dio e il Figlio realizza questo piano incarnandosi e offrendo la propria vita per gli uomini. Ma è difficile da capire per gli uomini. Ecco allora la mediazione del Figlio perché l’uomo possa comprendere i misteri del Regno: è il Figlio che rivela il volto del Padre. Anche quando il Figlio rivela il Padre, ci sono persone che non l’accolgono: i dotti e i sapienti di questa terra sono talmente pieni di sé che non trovano posto per accogliere questo mistero. Infatti l’Evangelista ci presenta, sempre in questo undicesimo capitolo, il rifiuto che Gesù riceve e il suo lamento nei confronti della sua generazione e delle città che non hanno accolto il suo messaggio. Coloro che ricevono il Regno sono i poveri e i piccoli, coloro, cioè che sentono il bisogno di Dio e non si considerano tanto autosufficienti da rifiutarlo.
Ecco da dove parte la danza della lode, questa esplosione di gioia di Gesù nel riconoscere in questa accoglienza un progetto di amore del Padre per tutta l’umanità. Ma nell’accogliere il Regno, il discepolo ha da fare ancora tanta strada: essere stanchi ed oppressi potrebbe essere una realtà sperimentata da tutti i discepoli. Il Maestro lo sa, considera questa possibilità e anche in quei momenti non vuole lasciare soli i suoi discepoli: Venite a me voi tutti ed imparate da me, continua a ripetere a ciascuno di noi.
Essere piccoli, umili e poveri non sono cose che piacciono al mondo di oggi. Nel nostro vivere quotidiano, siamo soliti a giudicare le persone per quello che hanno piuttosto che per quello che sono veramente. Ci attira di più, l’avere che l’essere. Il Signore indica tutta un’altra strada: la sua nascita in una grotta, la vita come un povero: a coloro che volevano seguirlo aveva detto che il figlio dell’uomo non ha dove posare il capo, la sua morte come il peggiore dei malfattori sulla croce. Tutto ci manifesta l’esaltazione dell’umiltà e della semplicità. Non sarà però la croce la fine, ma la gloria della risurrezione. Ecco, lui è l’unico che ci può tranquillamente dire: Imparate da me. Noi vogliamo seguire questa persona nel nostro vivere quotidiano. Vogliamo puntare sulla qualità della persona piuttosto che su quello che ha materialmente. Allora possiamo essere anche noi suoi veri discepoli.
Sentiamoci anche noi i piccoli del Regno, coloro che hanno come punto di riferimento il Signore. Lui illumina la nostra vita con il suo esempio e noi vogliamo essere la luce del mondo con la nostra vita. Affidiamoci a lui e chiediamo che la luce dello Spirito Santo illumini la nostra strada e ci accompagni in questo cammino la misericordia del Padre.
Buona domenica a tutti!
P. Sabu