XX° DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Sguardo_profondoIl brano del Vangelo di oggi è un grande inno alla fede di una donna pagana. Ci fa capire come la salvezza portata da Gesù abbraccia tutto l’universo e non esclude nessuno dall’abbraccio della sua misericordia. Ci dice che noi siamo chiamati a perseverare nella nostra fede anche quando dobbiamo aspettare con pazienza i tempi di Dio e non dettare tempi al Signore.

Gesù teneva sempre in grande considerazione la fede della gente e si lamentava quando vedeva che in certe situazioni veniva a mancare. “Uomo di poca fede, perché hai dubitato?”, aveva chiesto a Pietro che affondava. Quando i discepoli non hanno potuto scacciare il demonio Gesù aveva detto loro che non c’erano riusciti per la loro poca fede. È rimasto quasi sorpreso dall’incredulità dei suoi compaesani e il Vangelo ci dice che non poté compiere tanti miracoli proprio per questa incredulità. La richiesta dei segni da parte degli scribi e dei farisei veniva considerata da Gesù come dimostrazione della loro poca fede in lui e li chiama generazione perversa e degenere. Elogia però la grande fede del centurione che gli dice: “Signore, non sono degno che entri sotto il tetto di casa mia: dì soltanto una parola e il mio servo sarà guarito”. Nel compiere miracoli tante volte vediamo come Gesù tasta il polso della fede della gente e proprio per la loro fede offre loro ciò che desiderano.

L’episodio di questa domenica è commovente. Uno sguardo al luogo: Gesù si ritira nelle parti di Tiro e di Sidone che sono territori pagani. Aveva affrontato l’ipocrisia degli scribi e di farisei e aveva detto loro che quello che esce dal cuore dell’uomo è ciò che lo contamina e non ciò che entra da fuori. Quindi c’è quasi un tentativo di sfuggire questa incredulità andando verso i territori pagani e facendo capire che è venuto a portare la salvezza per tutti. Anche la donna cananea esce: esce dalla sua incredulità e va verso colui che può davvero donare la fede. Sa che questo Rabbì ebreo è diverso, sa che può darle ciò che vuole. Chiede che Gesù abbia pietà di lei: la pietà che chiede è la guarigione della figlia. Non pretende nulla da Gesù, non vuole forzargli la mano, ma gli chiede solo pietà.

L’atteggiamento di Gesù è sorprendente: la misericordia in persona non le rivolge nemmeno una parola, ci spiazza tutti. Adesso c’è la mediazione dei discepoli. Non tanto perché avevano compassione di lei, ma almeno per toglierla di torno ed essere lasciati in pace. Ma ancora una volta il rifiuto di Gesù: la mia missione è per le pecore perdute della casa d’Israele. Alla seconda domanda della donna la risposta di Gesù è ancora più dura e sembra tagliare le gambe ad ogni minima speranza eppure con una risposta che rivela tutta la sua umiltà e fiducia in Gesù, la donna ottiene ciò che desidera. Alla grande fede della donna risponde la grande misericordia di Dio e la sua figlia viene guarita. Non solo ottiene le briciole che cadono dal tavolo del padrone, ma proprio il pane.

“Donna, grande è la tua fede” le dice Gesù. Questo è il grande insegnamento che ci viene dalla parola di Dio di oggi. Forse siamo portati a guardare di più al rifiuto che Gesù le rivolge e poco a ciò che ha ottenuto con la sua tenacia e perseveranza nella fede. Non è facile il cammino di fede neanche per noi e quante volte ci lamentiamo che Dio non ci ascolta! Eppure Dio continuamente ci ascolta e anche quando sembra non risponderci, ci sta preparando a dare una risposta solida di fede dimostrando tutta la nostra fiducia in lui. Possiamo forzare la mano del Signore in nostro favore solo con la nostra fede e fiducia in lui. Dove c’è un cuore che nel suo profondo riconosce la Sua onnipotenza e chiede solo pietà, Dio non può non rispondere.

La donna cananea, una donna considerata pagana dal popolo scelto, diventa maestra per noi e ci invita a fissare lo sguardo su Gesù per evitare la poca fede. Continuiamo il nostro cammino fiduciosi nella misericordia del Padre e chiediamo che lo Spirito ci illumini la strada.

Buona domenica a tutti!

XII° DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

due_passeri “Non abbiate paura” è il messaggio rassicurante che la Parola di Dio ci offre in questa domenica. In un mondo dove le violenze degli uomini sembrano prendere sopravvento su tutto e dove sembra non ci sia nulla che possa tranquillizzare il cuore umano, questa parola acquista davvero grande importanza. Ringraziamo il Signore per questa parola.

Siamo nel contesto del Discorso Missionario di Gesù ai suoi discepoli. Aveva mandato i dodici con istruzioni precise e aveva detto loro che li mandava come pecore in mezzo ai lupi, quindi nulla di confortante. Subito dopo questo avvertimento dice loro di non aver paura: ma come si fa? Può una pecora stare tranquilla se si trova in mezzo ai lupi? Con i nostri ragionamenti umani, dovremo dire di no. Ma non è questo il pensiero di Dio e anche oggi continua a ripeterci di aver fiducia in lui.

L’esperienza del profeta Geremia è emblematica: attorno a lui terrore, la calunnia della gente e perfino gli amici cercano di trarlo in inganno, ma è certo che il Signore è al suo fianco. Con Dio accanto, Geremia è sicuro che non prevarranno i suoi nemici su di lui e invita a cantare inni e lodare il Signore. Noi siamo profeti con il nostro battesimo e allora anche noi siamo chiamati a testimoniare la Parola di Dio di fronte al nostro prossimo senza pensare a quello che possano fare gli altri a noi in questa nostra missione.

L’aveva anticipato Gesù nel suo discorso missionario ai discepoli: un discepolo non è più grande del maestro. Se hanno trattato in una determinata maniera il Maestro, il discepolo non può aspettarsi un trattamento migliore. Per essere decisi nel loro cammino, i discepoli devono avere fiducia nella provvidenza del Padre. Dalla natura bisogna prendere l’esempio: due passeri che si vendono per un soldo non cadono a terra senza che il Padre celeste lo sappia. L’uomo che vale molto di più dei passeri deve avere maggior fiducia nella provvidenza del Signore. Bisogna far crescere in noi la consapevolezza di essere importanti per il Padre celeste.

Bisogna avere però timore di colui che può distruggere e corpo e l’anima, cioè di Dio. Geenna era una valle dove i pagani offrivano sacrifici umani agli idoli pagani. Gli ebrei, per disprezzo, l’hanno fatto diventare un inceneritore permanente. Passando vicino a questa valle si vedeva il fuoco che non si estingueva mai. Quando Gesù parlava di avere timore di colui che può gettare nella Geenna, i suoi ascoltatori avevano quest’immagine davanti. Anche se non in questi termini, anche noi siamo chiamati ad aver timore di colui che può veramente giudicarci. Lui che vede i nostri cuori e conosce i nostri pensieri ed atteggiamenti, ci giudica rettamente e bisogna avere il giusto rispetto verso di lui.

Anche in queste parole apparentemente molto dure, si vede la tenerezza del Padre. Non è uno che vuole farci vivere nel terrore, ma vuole che abbiamo uno sguardo fisso su di lui ed essere liberi dalla paura degli uomini pur riconoscendo che possono farci del male nell’adempimento della nostra missione. Però anche nelle nostre tribolazioni non siamo mai lasciati soli, è al nostro fianco e difende la causa di chi si affida a lui. La misericordia di Dio non deve essere confusa col buonismo e la sua giustizia non è da prendere come lassismo e questo vale anche nel nostro cammino quotidiano della vita. Nel nostro essere discepoli del Signore, anche noi siamo chiamati a testimoniare con fermezza e rispetto la nostra fede. Ecco il riconoscere il Signore davanti agli uomini.

Chiediamo che la luce dello Spirito Santo ci illumini la strada e la grazia del Signore ci accompagni sempre.

Buona domenica a tutti!

P. Sabu

I° DOMENICA DI QUARESIMA

Tre-tentazioni-tre-risposteLa prima domenica di quaresima è chiamata la domenica delle tentazioni di Gesù perché il brano evangelico di oggi ci invita a riflettere su questo episodio della vita di Gesù e ci invita a riflettere su come affrontiamo le tentazioni della nostra vita.

“Vieni dietro a me” dice il tentatore e Gesù risponde “Vattene, satana”. Le tentazioni che Gesù affronta sono tentazioni che ogni discepolo affronta quotidianamente nella sua vita e che fanno parte del suo cammino di fede. Il tentatore dice di abbandonare la strada del Padre e del suo progetto di salvezza per l’uomo, ma Gesù vuole essere solidale con i fratelli e rimane con loro. Mentre il diavolo, che è colui che divide, tenta di distinguersi dagli altri, Gesù, superando le tentazioni, diventa segno della comunione e solidarietà con i fratelli.

Gesù aveva ricevuto un’investitura da parte del Padre e dello Spirito al momento del battesimo dove il Padre aveva parlato del suo figlio prediletto e di ascoltarlo per essere salvati. Il tentatore vuole mettere in dubbio questa investitura. Possibile che il figlio prediletto debba soffrire la fame? Dopo quaranta giorni e quaranta notti mette ebbe fame,  dice la scrittura. Il Padre ha mentito, non sei il suo figlio prediletto, è inutile che tu ci creda. La tentazione è veramente forte e mette in dubbio la stessa missione del messia.

L’uomo ha le sue relazioni con le cose, con le persone e con Dio e in queste relazioni vive il suo rapporto con la vita animale, la vita umana e la vita spirituale. Nel suo rapporto con Dio pensa di possederlo con le sue pratiche di pietà per essere autosufficiente. È la tentazione che hanno avuto anche Adamo ed Eva: sarete come Dio. Il tentatore vuole portare Gesù lontano dalla via del Padre. Il rapporto di Gesù con il Padre non è per il bene egoistico suo, bensì per il bene di tutta l’umanità. Se invoca l’intervento del Padre, lo fa per il bene degli altri e non per saziare le sue necessità. Avere Dio da parte sua non è per un vantaggio, ma per un dono totale di sé.

Il tempo di quaresima ci viene incontro e ci dice che al centro di qualsiasi cammino spirituale c’è Dio e non l’uomo. Sembra quasi che siamo noi a fare degli sforzi incredibili per migliorare la nostra vita, ma è Dio che, nella sua misericordia si dona a noi e ci rende capaci ad avvicinarci a lui. Un cammino spirituale incentrato sulle sole forze umane sarebbe un cammino fallimentare mentre un cammino basato sulla fiducia in Dio diventerà un cammino fattibile.

Le tentazioni che Gesù affronta sono per tutta la sua vita, “se sei figlio di Dio” tornerà anche quando sarà sulla croce e anche allora Gesù non si lascerà condizionare e porterà a termine la missione affidatagli dal Padre. Se il Maestro è stato tentato, anche il discepolo deve aspettare la stessa sorte. Ma Gesù ci dice che si può e si deve vincere il tentatore. L’arma micidiale che il Maestro ci mostra oggi è la Scrittura. Infatti, in tutte le tentazioni Gesù sconfigge il diavolo con la parola delle scritture e ci mostra la via più sicura per resistere alle tentazioni quotidiane della nostra vita.

Il tempo di quaresima deve essere un tempo di gioia perché ci offre l’occasione buona per essere riconciliati con Dio e il prossimo. Ci aiuta ad essere più vicini al Signore e ritornare a lui con tutto il cuore lasciando da parte la mediocrità della nostra vita come ci dice Papa Francesco nel messaggio per questa quaresima.

Chiediamo che il Signore ci accompagni in questo periodo forte della quaresima e ci faccia arrivare pronti per celebrare la gioia della Pasqua del Signore.

Buon cammino quaresimale a tutti!
P. Sabu

V° DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

saleSale della terra, luce del mondo: due immagini semplici, forti, molto inerenti alla vita di ogni giorno. Gesù vuole che i suoi discepoli siano così nel mondo per portare avanti la sua buona notizia per l’uomo.

Il desiderio del Maestro è bello e possiamo anche essere orgogliosi di questa missione che Egli ci dona. Ma quando guardiamo alla nostra vita ci viene naturale il dubbio se veramente possiamo essere sale della terra e luce del mondo. Prima di tutto dovremmo cercare di essere sempre più coscienti e consapevoli del fatto che il Signore compie un atto di fiducia nei nostri confronti. Infatti non dice: voi
diventerete luce oppure sarete luce se fate determinate cose: dice semplicemente siete luce e siete sale. Vuol dire che così come siamo, siamo sale della terra e luce del mondo. Pensate alla fiducia che Gesù ha avuto nei nostri confronti: è una fiducia che solo lui poteva avere.

Se ci rendiamo conto di questa fiducia divina in noi, possiamo anche cercare di capire cosa vuol dire essere sale ed essere luce. Il sale è un elemento importante nella nostra vita quotidiana. Il sale dà sapore, preserva dalla corruzione e soprattutto quando è al posto giusto nessuno se ne accorge. Infatti noi parliamo del sale nei cibi o quando è troppo o quando manca, se è quanto basta non se ne accorge neppure e non se ne parla. Così deve essere il cristiano: deve essere uno che rende la vita dell’altro saporita ed essere quasi invisibile. Quello che deve sentire è il gusto che riesce a dare alla vita delle persone che vengono a contatto con la sua vita.

Bisogna cercare, nella nostra vita di ogni giorno la nostra identità e anche la parabole della luce ci deve ricordare questo. L’identità del cristiano è essere sale e luce. Una luce non si accende per metterla sotto il letto, ma sul candelabro perché gli altri possano vederla. Così dobbiamo essere noi: persone che, illuminati dalla luce che è Cristo, possano illuminare il mondo. La luce vera è Cristo e siamo illuminati da questa grande luce. L’immagine della luce, messa sul candelabro, non ci tragga in inganno; non è per l’ostentazione, ma per essere al posto giusto. Infatti, non sotto il letto, ma sul candelabro.

Se si pensa bene si può capire che per Gesù il candelabro da cui ha illuminato il mondo era la croce, quindi per il discepolo essere sul candelabro non è per la gloria, ma per spendersi per gli altri. Ecco, allora il nostro pensiero che va al Maestro che sta sulla croce per illuminare tutti quelli che l’accolgono. Lui che ha tanta fiducia in noi, ci deve rendere orgogliosi di lui. La presenza dei cristiani nel mondo di oggi non è una presenza invasiva, ma una realtà che rende visibile la vita delle beatitudini.

E’ importante notare che Gesù usa il plurale Voi piuttosto che il singolare Tu. Questo ci fa ricordare che la testimonianza che dobbiamo rendere davanti al mondo di oggi non è una testimonianza singolare, ma comunitaria. I cristiani come una comunità fedele al suo Maestro è chiamato ad essere sale e luce nel mondo di oggi. Il sale del nostro essere discepoli sarà l’amore di Cristo e la nostra luce sarà la luce dello Spirito Santo che illumina la nostra vita e ci rende capaci di illuminare la vita degli altri.

Chiediamo che il Padre ci assista sempre con la sua grazia ed invochiamo la luce dello Spirito su ciascuno di noi.

Buona domenica a tutti!

P. Sabu

XXXIII° DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

arch_of_titus_menorahSiamo alla penultima domenica dell’anno liturgico e la Parola di Dio, nonostante quel linguaggio che gli esperti chiamano “apocalittico”, oggi ci invita ad aver fiducia e speranza in Dio e trovare in lui la nostra consolazione e a non lasciarci ingannare da quello che succede attorno a noi.

I discepoli guardano la bellezza del tempio di Gerusalemme, ma Gesù che vede oltre il visibile annuncia che di tutto quello che ammirano non resterà pietra su pietra. Ovviamente tutti sono sbalorditi di fronte alle parole di Gesù, ma lui non si scompone e continua a parlare loro degli sconvolgimenti che ci saranno nella natura e le persecuzioni che dovranno affrontare i suoi  discepoli. Nonostante ciò il discepolo è chiamato ad aver fiducia.

Le parole del Vangelo hanno un’attualità incredibile per noi oggi: sembra proprio che Gesù le abbia dette tenendo presente tutto ciò che succede attorno a noi oggi. Chissà quante volte anche noi abbiamo ammirato le bellezze delle opere d’arte delle nostre chiese o dei musei e in un attimo tutto è sparito per un terremoto o per una qualsiasi calamità naturale! Nel sentire dei fatti terrificanti anche noi, almeno qualche volta, ci siamo domandati sul senso della nostra vita e sulla fine della nostra storia. La Parola di Dio ci invita a meditare sul fine della nostra storia perché è Dio che conduce la storia e noi siamo nelle sue mani.

Nonostante le difficoltà e le persecuzioni i discepoli del Signore hanno la loro fiducia nel Signore: “Nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto”, questo non significa che ci verranno risparmiate le persecuzioni e le sofferenze, ma in tutto ciò Dio sarà al nostro fianco e ci dirà tutto quello che siamo chiamati a fare nel nostro cammino.

L’ultima raccomandazione che lascia ai suoi discepoli è quello di perseverare nel proprio cammino. Essere perseveranti vuol dire essere coerenti, essere fedeli, essere tenaci. Sappiamo quanto è difficile nel mondo di oggi essere dei cristiani veri. Immaginate gli ambienti di lavoro, le cerchie dei nostri amici: ci fanno venire quasi la voglia di nascondersi, di nascondere la nostra fede. Ma sono proprio quelli i momenti dove siamo chiamati a rendere testimonianza al Signore. La nostra perseveranza, quindi, non è qualcosa di straordinario da mostrare in qualche momento della nostra vita, ma qualcosa di immensamente ordinario e che ci aiuta ad essere cristiani ogni giorno della nostra vita con coraggio.

Sappiamo che questa perseveranza non è cosa facile per noi e allora bisogna fare sempre riferimento al Signore e alla sua grazia. Se Lui è uno che tiene conto anche di un solo capello del nostro capo, proviamo anche noi ad avere più fiducia, a trovare consolazione nelle sue parole. Con la nostra perseveranza, dimostrata nelle situazioni concrete della vita quotidiana salveremo anche noi la nostra vita.

Chiediamo che ci aiuti con la sua grazia, ci illumini col suo Spirito e ci insegni la strada da seguire.

Buona domenica a tutti!

P. Sabu