VI° DOMENICA DI PASQUA

Spirito e Luce

L’immagine della città santa, vista nella seconda lettura, è l’immagine della Chiesa. San Giovanni dice che la città santa che aveva visto, non ha bisogno della luce del sole né della luce della luna perché la gloria di Dio illumina quella città e la sua lampada è l’Agnello. Penso che nella nostra riflessione dobbiamo partire proprio da questa immagine molto bella: è l’immagine della Chiesa che non splende della sua luce, ma della gloria di Dio e la luce per la Chiesa è il suo Sposo, il Cristo. Quando la Chiesa, ovviamente nei suoi uomini, pensa di poter fare a meno della luce del Signore, sbaglia.

Bisogna ammettere che non siamo molto bravi a cogliere quest’immagine della Chiesa e ci lasciamo condizionare da altro. Cerchiamo di distinguere sempre il peccato dal peccatore, ma difficilmente ci riusciamo. Oggi la parola di Dio ci dice che cosa dobbiamo fare per crescere in questo atteggiamento: invocare lo Spirito Santo e lasciarci guidare da Lui.

Ai suoi discepoli Gesù dice che devono essere contenti quando Lui si allontanerà da loro perché così manderà lo Spirito che illuminerà loro. La missione dello Spirito Santo è duplice: insegnare e ricordare; insegnare cose nuove e ricordare ciò che Gesù aveva detto loro. Lo Spirito continua questa missione anche oggi in ciascuno di noi. Abbiamo ricevuto lo Spirito nel nostro battesimo e lo portiamo con noi sempre. Solo che molte volte non siamo docili a ciò che ci dice e ci allontaniamo da lui. Bisogna chiederci perché abbiamo questo atteggiamento.

Una risposta ce la dà ancora il Vangelo di oggi. “Se mi amate, osserverete i miei comandamenti”, dice Gesù ai suoi discepoli. Alla base del nostro cammino di fede ci deve essere l’amore di Dio e sarà quello che ci dà la forza per andare avanti e quando manca il cammino diventa difficile. Tra l’altro anche nella nostra vita quotidiana ci rendiamo conto di questa realtà. Dove siamo chiamati ad osservare le leggi per forza e non per amore sappiamo quanto ci costa. Se facciamo le cose per amore anche le cose difficili sembrano più facili.

Lo Spirito Santo ci aiuta a sviluppare degli atteggiamenti di amore nei confronti di Dio ed essere guidati dalla Sua luce. Se facciamo attenzione alla prima lettura vediamo come erano guidati gli apostoli e i primi discepoli dallo Spirito e come lo sentivano vicino a loro. “È parso bene, infatti, allo Spirito Santo e a noi” è l’affermazione degli apostoli. Nelle loro decisioni c’entrava sempre lo Spirito Santo e si lasciavano guidare dal Suo aiuto.

Dovremo crescere in queste due cose: nell’amore di Dio e nella consapevolezza che siamo guidati dallo Spirito. Ecco perché la preghiera allo Spirito Santo diventa fondamentale per ogni battezzato. Se viene invocato ci insegna e ci ricorda: ci insegna ad amare Dio e ci ricorda le parole di Gesù. Invochiamo questo Spirito sempre perché ci guidi e ci insegni ad amare Dio e il prossimo.

Buona Domenica a tutti!

P. Sabu

V° DOMENICA DI PASQUA

L'ultima cena in un dipinto di Philippe de Champaigne (XVII secolo).La legge dell’amore come base del vivere cristiano personale e comunitario: possiamo sintetizzare così il messaggio della Parola di Dio di oggi. Nella prima lettura c’è l’esempio di Paolo e Barnaba che ritornando dalla loro missione riferiscono alla comunità tutto ciò che Dio aveva fatto per mezzo di loro: non tengono per sé stessi la gioia della predicazione. Il brano dell’Apocalisse ci mostra la Gerusalemme nuova che scende dal cielo, che è l’immagine della Chiesa, e viene annunciata come la tenda di Dio tra gli uomini. Nel brano del Vangelo Gesù dice ai suoi discepoli che devono avere l’amore gli uni per gli altri perché sarà il segno del loro essere discepoli del Maestro.
La vocazione di ogni cristiano è quella di testimoniare questo amore di Dio nel mondo perché diventi il segno visibile della presenza di Dio. Gesù dice ai suoi discepoli che offre loro un comandamento nuovo. Il fatto che rivolga queste parole durante l’ultima cena acquista una grande importanza. Sono gli ultimi momenti che il Maestro trascorre insieme con i suoi discepoli e queste parole diventano il testamento che lascia ai suoi un’eredità che devono condividere tra loro.
Ma la vera novità che Gesù porta non è il comandamento dell’amore in sé perché era già presente nell’Antico Testamento. Quel Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri” è la novità assoluta. Coloro che si dicono cristiani non hanno alibi, hanno un solo esempio, quello del Maestro e il suo comandamento non è astratto, ma posizionato nelle realtà concrete della vita quotidiana e diventa un comandamento sempre nuovo. Non perde mai la novità perché le situazioni della vita umana cambia ogni giorno e il cristiano è chiamato ad incarnarsi in quelle situazioni per amare come ha amato il Cristo.
Ecco dove sta la vera difficoltà nostra nel vivere l’amore. Finché ne parliamo va bene, ma quando si tratta di tradurlo nella quotidianità diventa davvero difficile amare come Lui ha amato. Un amore incondizionato che non tenga conto della propria vita e si spende perché gli altri abbiano la vita in abbondanza, un amore che si china sui piedi del prossimo e si fa schiavo dell’altro è ciò che il Maestro ci ha fatto vedere con il suo esempio. E siamo chiamati a vivere questo amore non solo singolarmente, ma come comunità. Infatti ci dice: “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri”.
La domanda da farci è allora come viviamo questo amore nella vita personale e comunitaria. Il cristiano non è una lampada nascosta sotto il moggio, ma messa sul candelabro perché tutti quelli che entrano abbiano la luce e possano vedere. Chiediamo che il Signore ci doni la grazia di testimoniare il suo amore nel mondo e vedendo la nostra testimonianza gli altri possano ringraziare il Signore ed avvicinarsi a Lui.
Buona Domenica a tutti!

P. Sabu

IV° DOMENICA DI PASQUA

buon_pastoreL’immagine del Pastore è una di quelle più belle attribuite a Dio nell’Antico Testamento, e nel Nuovo quest’immagine è attribuita a Gesù che viene chiamato “Buon Pastore”. Anche nell’arte siamo molto familiari con le raffigurazioni di Gesù che porta sulle spalle la pecorella smarrita.
Per renderci conto della bellezza di quest’immagine pensiamo ad alcuni passi come il salmo 23: “Il Signore è il mio pastore non manco di nulla”: un pastore buono che ha cura del proprio gregge e porta il gregge su pascoli erbosi e ad acque tranquille. Con Lui accanto, non si deve temere nulla ed è un bel messaggio che fa bene all’anima nostra. Il profeta Ezechiele quando parla dei pastori, prima mette in evidenza i pastori che sfruttano il gregge solo per il proprio interesse e non per prendersene cura e ricorda che Dio stesso invece si farà pastore del suo gregge e darà al suo popolo pastori secondo il Suo cuore. Anche il profeta Isaia parla di YHWH come di colui che si farà Pastore e che conduce con tenerezza e forza gli esiliati verso la terra d’Israele.
Tenendo presente come sfondo tutto ciò che l’Antico Testamento racconta di Dio come pastore guardiamo alla figura del Buon Pastore che è Gesù. Possiamo pensare che Gesù porti a compimento tutto ciò che il popolo d’Israele vedeva in Dio come pastore e in qualche modo supera infinitamente tutto ciò che c’era scritto nella Legge e nei Profeti.
Gesù è il Buon Pastore che dà la vita per il suo gregge, non è colui che lascia il gregge e fugge via quando viene il lupo. Anzi, è colui che sta vicino al suo gregge e lo protegge dando la sua vita. La novità più grande, penso che sia proprio questo: Gesù diventa pastore ed agnello. Lui è colui che guida il suo popolo, ma è anche colui che viene ucciso perché il gregge abbia la vita e la vita eterna. Ecco perché dice che le sue pecore conoscono la sua voce e lo seguono. Sarebbe stato difficile seguire un mercenario, ma il pastore che diventa Agnello donando la vita per il suo gregge è colui da seguire. Questa è l’immagine che il libro dell’Apocalisse ci offre nella seconda lettura di oggi.
Quando si segue un Pastore di questo calibro, non possiamo tirarci indietro anche nella missione di cui ci fa partecipi: quella di portare agli altri la buona notizia della Sua risurrezione. Viene annunciata a tutti, ma se uno ha il cuore indurito, non importa appartenere a un popolo o ad un altro, il messaggio passa oltre e si rischia di rimanerne fuori nel proprio cammino.
Ringraziamo il Padre perché ci ha donato un pastore che dona la vita per noi e che guida la nostra vita con la sua tenerezza. Cerchiamo di seguirlo nel nostro vivere quotidiano pur nelle difficoltà riconoscendo in lui l’unico capace di indicarci la giusta strada. Chiediamo che lo Spirito del Signore ci accompagni con la sua luce.
Una buona e santa domenica a tutti!

P. Sabu

III° DOMENICA DI PASQUA

Christ_Taking_Leave_of_the_Apostles“Mi ami tu?”, ci chiede il Maestro. Qual è la nostra risposta? Se la domanda ci inquieta tanto meglio. Significa che ogni tanto ci facciamo delle domande sul nostro cammino di fede.
Gli atti degli Apostoli ci mostrano come i discepoli reagivano di fronte alle persecuzioni e alle avversità durante il cammino della predicazione del Vangelo. Due frasi: “Bisogna obbedire a Dio invece che agli uomini” e “se ne andarono … lieti di essere stati giudicati degni di subire oltraggi per il nome di Gesù”. Ci danno idea di come fosse la loro relazione nei confronti del Signore. Non poteva essere altrimenti, loro avevano avuto un Maestro unico che anche dopo la resurrezione continua a formarli per essere coraggiosi testimoni. Ma ci mettono anche del loro, perché per essere guidati dallo Spirito bisogna essere docili alla Sua azione.
Come siamo noi nel nostro cammino? Discepoli coraggiosi che obbediscono a Dio piuttosto che agli uomini oppure ancora molto attaccati alle opinioni degli uomini tanto da mettere da parte ciò che sappiamo il Signore vuole da noi? Basta poco alle volte a destabilizzarci, a mettere confusione nella nostra testa, ad essere paurosi nel testimoniare la nostra fede. Gli Apostoli si consideravano fortunati ad essere perseguitati per Gesù, noi cosa avremmo fatto! Ci saremo nascosti, magari avremo rinnegato la nostra fede, chissà! Bisogna amare Dio non solo quando le cose vanno bene, bisogna ringraziarlo soprattutto quando le cose non vanno bene perché sono le occasioni dove Dio manifesta la sua grandezza.
Il Signore continua domandare a ciascuno di noi oggi come a Pietro: “Mi ami più degli altri?” e siamo chiamati a rispondere personalmente. Bisogna sempre ricordarsi delle parole di San Giovanni che ci dice di dimostrare il nostro amore verso Dio con il nostro amore verso il prossimo e chiama bugiardi coloro che dicono di amare Dio e non amano il prossimo. Ecco come siamo chiamati a testimoniare l’amore nella società in cui viviamo: attraverso i gesti concreti di carità nei confronti del nostro prossimo. Ciò non vuol dire dare qualche soldo in elemosina che potrebbe essere addirittura una scappatoia se non stiamo attenti. Essere caritatevoli vuol dire seguire l’esempio di Gesù: coltivare in noi la compassione che ha avuto nei confronti di chi soffre.
In questo anno giubilare della misericordia il Signore ci renda un po’ più misericordiosi nei confronti del nostro prossimo, ci dia la grazia di essere testimoni gioiosi della sua risurrezione e che possiamo dire, non a parole, ma con la vita quotidiana, “Signore io ti voglio bene”.

P. Sabu

II° DOMENICA DI PASQUA

San Tommaso - CaravaggioQuesta domenica è chiamata domenica della Divina Misericordia per volere del papa Giovanni Paolo II e tutta la celebrazione fa riferimento alla Misericordia di Dio per l’uomo. In questo anno giubilare della misericordia è anche significativa questa celebrazione.

Nella preghiera della colletta ci siamo rivolti al Dio di eterna misericordia che ravviva la nostra fede e gli abbiamo chiesto di darci la grazia di comprendere l’inestimabile ricchezza del Battesimo che ci ha purificati, dello Spirito che ci ha rigenerati, del sangue che ci ha redenti. E’ già un’indicazione precisa di questa celebrazione eucaristica: la misericordia di Dio che ci aiuta ad essere coscienti del nostro battesimo.

La pagina del Vangelo ci racconta la misericordia di Dio che di fronte all’insistenza di Tommaso appare ancora agli apostoli e invita Tommaso ad essere credente. San Tommaso viene sempre visto come il rappresentante di coloro che fanno difficoltà nel loro cammino di fede. Ma se guardiamo bene i vangeli avremo un immagine diversa di questo apostolo.

Quando Gesù parla del suo viaggio verso Gerusalemme e dice che lì dovrà affrontare la passione e la morte, gli altri sono silenziosi e forse anche paurosi, solo Tommaso ha una reazione e dice: “Andiamo a morire anche noi con lui”. Un’altra volta Gesù dice ai suoi discepoli che va preparare un posto per loro e tutti i discepoli rimangono incantati di fronte a questa affermazione. Solo Tommaso ha il coraggio di chiedere al Maestro: “Signore, non sappiamo dove vai, come possiamo conoscere la via?”. Sembra un dettaglio, ma questa domanda di Tommaso da ha Gesù la possibilità di fare un’affermazione importantissima: “Io sono la via, la verità e la vita”. Noi ci ricordiamo di quest’affermazione di Gesù, ma non della domanda di Tommaso che l’ha provocato.

Penso che in questa domenica in cui celebriamo la misericordia di Dio per gli uomini, manifestata nel volto di Gesù, dobbiamo ringraziare il Signore per averci dato attraverso l’esempio di San Tommaso, un’immagine del discepolo che cerca di approfondire la propria fede, del discepolo che non si accontenta dell’esperienza altrui nel proprio cammino di fede, del discepolo che coltiva il suo desiderio di vedere personalmente il maestro per essere un vero credente. Chiediamo anche noi la grazia di essere cercatori che non si accontentano nel loro cammino di fede, essere persone che cercano un incontro personale con il Maestro con tenacia ed umiltà riconoscendo a Lui il potere di essere la Via, la Verità e la Vita per il proprio cammino.

P. Sabu

DOMENICA DI PASQUA

resurrezione_giottoQuel lungo annuncio pasquale forse avrà annoiato tanti, qualcuno non sarà riuscito a seguirlo tutto con attenzione nonostante la buona volontà. Eppure ci ha detto parecchie cose e deve risuonare non nelle orecchie, ma nei nostri cuori. Cristo è risorto, vive oltre la morte, è il Vivente che dona la vita e con la sua risurrezione ci rende nuove creature. Il peccato d’origine viene chiamato addirittura “felice colpa” perché ci ha dato un Redentore così grande. Ringraziare, ringraziare e ringraziare: dev’essere questo l’atteggiamento di tutta la Chiesa oggi.

La fede nel Risorto nasce davanti a una tomba vuota. Una tomba vuota che avrà creato sì delle confusioni e delle paure; basta pensare che il primo pensiero delle donne che vanno al sepolcro non è quello di trovare il Risorto, ma chi avrebbe aiutato loro per rotolare la pietra. Però, il Risorto stesso accompagnerà i suoi discepoli verso la fede in Lui, li accompagnerà come un padre accompagna il figlio piccolo, con tanta tenerezza ma anche con fermezza. Sulla loro fede, pensate, è costruito tutto il cammino di fede che anche noi stiamo facendo.

Credere nel Risorto perderebbe però ogni significato se poi non si traducesse nella vita di ogni giorno in gesti concreti. Il Cristo ci invita a risorgere dalla vecchia vita a quella nuova della grazia, lasciare l’uomo vecchio per quello nuovo. Il problema per noi è anche quello di non sapere come riuscirci. Non ci manca la buona volontà, ma forse siamo ancora troppo concentrati su noi stessi e il Risorto rimane troppo in alto per noi. Lo adoriamo in chiesa, ma non entra a far parte della nostra vita, lo predichiamo, ma non lo ascoltiamo. Forse abbiamo ancora troppa paura di farlo entrare nella nostra storia.

Dovremo cercare di alzare lo sguardo verso il Cristo, pensare che ci chiama continuamente ad essere risorti, ci vuole testimoni della Sua risurrezione. Concentrarci solamente sulla nostra vita rischierebbe di scoraggiarci nel nostro cammino di fede perché le continue cadute, le fragilità che abbiamo e le varie situazioni della vita sembrerebbero troppo grandi per noi. Ci manca ancora la convinzione che il Cristo ha portato con sé sulla croce tutte queste cose e ci ha portato la risurrezione. Bisogna chiedere che lo Spirito del Padre ci illumini il cammino. Ne sentiremo parlare tanto in questi giorni, ma non basta, deve essere invocato tutti i giorni da ciascuno di noi perché sarà colui che ci darà la forza ad essere credenti nel Signore Risorto ed essere i suoi testimoni nel mondo.

Buona Pasqua a tutti e che il Signore ci benedica!

P. Sabu

VENERDÌ SANTO

crociE’ un giorno in cui non si celebra la Messa nelle nostre chiese, perché la Chiesa ricorda la morte del suo Sposo e Signore sulla croce. La Croce domina la scena e tutti gli sguardi sono rivolti a questo segno di salvezza, “Quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me”, aveva detto il Maestro. Guardiamo anche noi a Lui per essere redenti dal Suo sacrificio.

La Parola di Dio ci invita a riflettere sulla passione di Cristo e questa lunga lettura,  per qualcuno anche noiosa, per chi crede diventa un racconto d’amore di Dio per l’umanità: racconto di un Dio che non si accontenta di nascere per gli uomini, ma dona la sua vita in una maniera cruenta per portare tutti alla salvezza. Nella sua vita terrena diceva ai suoi discepoli che non c’è amore più grande di dare la vita per gli amici. Consoliamoci! Abbiamo un Dio che ci considera amici così come siamo e non è poca cosa. Ma accogliere questo amore significa impegnarci perché il flusso d’amore, partito dal Suo cuore non si fermi mai e coinvolga tutta la nostra esistenza.

Se impariamo dalla croce, abbiamo speranza nel nostro percorso di fede. Gesù ci invita a prendere la nostra croce ogni giorno e seguirlo. Sa che non saremo mai capaci di amare la croce, infatti non ce lo dice, ma bisogna prenderla perché è il segno della nostra salvezza. Bisogna sempre ricordarsi che non siamo lasciati soli sulla nostra croce, dall’altra parte della croce c’è sempre Lui che rende la nostra croce dolce e leggera.

Sappiamo quanto è difficile per ciascuno di noi l’insegnamento della croce! E allora guardiamo a colui che è stato trafitto per i nostri peccati e con la sua croce ha portato la salvezza per tutti noi. Anche nei momenti in cui non sappiamo spiegarci le croci della nostra vita, proviamo a pensare che il Signore sta portando avanti con la nostra collaborazione il progetto di salvezza per tutti. Non la croce, ma la gloria della risurrezione avrà l’ultima parola nella nostra vita come nella vita del Cristo.

P. Sabu

GIOVEDÌ SANTO

lavanda_piedi_miniAnniversari particolari ed importanti: dell’istituzione dell’Eucaristia e del sacerdozio ministeriale. Sono due grandi doni che il Signore fa alla sua Chiesa e che oggi siamo chiamati a celebrare. Ringraziamo il Signore per questi doni che sono segni del suo amore per tutta l’umanità.

Il sacramento dell’Eucarestia è il segno più grande dell’amore di Gesù per noi. L’Eucaristia ci dice che l’amore di Dio non si stanca mai di noi: non si è accontentato della sua incarnazione, della sua passione e morte in croce, neanche della sua risurrezione. Vuole stare sempre insieme con l’uomo e si spinge oltre l’impensabile: si dona per l’uomo sotto forma di una cosa semplicissima, ma fondamentale per la vita dell’uomo, il pane. Penso che non finiremo mai di ringraziare abbastanza il Signore per questo dono, ricordiamocelo ogni volta che ci accostiamo a ricevere Gesù nell’Eucarestia e chiediamogli di darci tutto l’amore possibile nei confronti di questo sacramento. Questo Pane ci sosterrà nel cammino di vita e ci renderà forti per essere testimoni del Suo amore.

Per essere strumenti di questo segno del Suo amore, Gesù sceglie tra gli uomini persone che possano dedicarsi al servizio del suo popolo. Non sarebbero mai capaci di portare avanti questo compito se non fossero assistiti dalla grazia del Signore e dalla Sua misericordia. San Paolo ricorda che questo grande dono ci è stato donato come tesori in vasi di argilla. Solo chi si mette al servizio di Gesù con umiltà e dedizione potrà essere fedele a questa chiamata.

Non passerà inosservato oggi il gesto della lavanda dei piedi che diventa il gesto principale di Gesù nell’ultima cena secondo l’evangelista Giovanni. E’ la dimostrazione che il nostro Dio non è colui che si fa servire, ma che serve e dona la vita per l’umanità. Non solo da l’esempio, invita anche i suoi discepoli a fare altrettanto. Uno che si dichiara cristiano e manca di questa carità e spirito di servizio nei confronti del proprio fratello, sarà sempre un cristiano a metà. Nei tempi in cui viviamo il gesto della lavanda dei piedi diventa fondamentale perché i cambiamenti storici che viviamo chiedono da ciascuno di noi il coraggio di chinarsi ai piedi del fratello e servirlo.

Che questo giorno diventi un dono prezioso del Signore per noi e ci renda capaci di imparare da Lui.

P. Sabu

DOMENICA DELLE PALME

«Benedetto colui che viene, il re, nel nome del Signore. Pace in cielo e gloria nel più alto dei cieli!».

E’ il grido che risuona per le strade di Gerusalemme e quando alcuni farisei tra la folla gli dissero: «Maestro, rimprovera i tuoi discepoli» Egli rispose: «Io vi dico che, se questi taceranno, grideranno le pietre».

Sembra davvero un trionfo, quello di Gesù: questo ingresso sembra cancellare tutti i dubbi sulla sua persona. Sembra addirittura che perfino i suoi avversari siano convinti che fosse colui che avevano aspettato per secoli.

Sembra, perché come sfondo alle grida trionfanti di oggi c’è quel “Crocifiggilo, Crocifiggilo”, gridato a squarciagola e che porterà alla condanna l’Innocente.

L’ingresso trionfante di Gesù a Gerusalemme è l’inizio della Sua passione e la morte in croce. Nella lettura della passione di oggi il nostro sguardo deve rimanere sulla croce che trionfa. Il servo di Dio porta su di sé il peccato del mondo e sulla croce compie tutto ciò che il Padre chiede da lui. Si sottomette e la sua obbedienza diventa causa di salvezza per tutti noi.

Qual’è la nostra reazione davanti alla croce? Siamo portatori di croci come ornamenti e lontani dalla fatica della croce, come ci ricorda don Tonino Bello oppure riusciamo a far pendere la croce anche sulle decisioni della nostra vita? L’esempio di Gesù ci ricorda che siamo chiamati a trionfare anche noi. L’ultima parola non è la croce, ma risurrezione; l’ultima parola non è morte, ma vita, non tenebre, ma luce.

Facciamo trionfare in noi questo segno di salvezza. Pensate, è il primo segno che abbiamo ricevuto quando i nostri genitori ci hanno portato in chiesa per essere battezzati e sarà il segno che ci accompagnerà per tutto il percorso di fede. Quante volte ci siamo segnati anche distrattamente con questo segno! All’inizio di questa settimana santa, decisiva per il nostro cammino di fede, chiediamo che lo Spirito del Padre ci doni la forza per guardare alla croce come fonte di salvezza per tutti noi.

P. Sabu