XV° DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Il buon samaritano (1838), di Pelegrin Clavé Y RoqueBella domanda: Chi è il mio prossimo, stupenda risposta: Va e anche tu fa così e in mezzo un racconto straordinario come solo il cuore di Dio poteva raccontare. Questo è il dono della Parola di Dio oggi per ciascuno di noi.

La parabola del buon samaritano è uno dei racconti più belli che abbiamo nel Vangelo di Luca attraverso la quale l’evangelista ci testimonia la grande misericordia di Dio per gli uomini. Il racconto è molto semplice e ci fa tenerezza questo uomo caduto nelle mani dei briganti. Ma nella sua semplicità la parabola ci dice che non sempre le cose vanno secondo i nostri pensieri.

Quando vediamo avvicinarsi a quell’uomo il sacerdote ci viene spontaneo pensare: “meno male, adesso lo aiuta”, ma non succede. Lo stesso sentimento lo proviamo anche quando arriva il levita, ma ancora una volta prevalgono altre considerazioni. Quando arriva il samaritano uno potrebbe pensare: “ma figurati, questo è un nemico dichiarato degli israeliti, nessuna pietà quindi”, e ci prende lo sgomento pensando a quel pover’uomo che non può aspettare altro che la sua morte a questo punto. Coloro che avrebbero dovuto aiutarlo non l’hanno fatto e perché dovrebbe farlo colui che è suo nemico?

Così vanno i nostri pensieri, ma evidentemente non è il pensiero di Dio e meno male. La bellezza della parabola sta proprio in questa imprevedibilità della compassione di Dio. Sa guidare il cuore degli uomini in una maniera stupenda, basta che ci lasciamo guidare da Lui. Il samaritano è diventato uno strumento della misericordia di Dio per quell’uomo aggredito dai briganti. Non solo lo soccorre, lo porta in albergo, paga l’albergatore e gli dà anche due denari che sono l’equivalente della paga di due giorni. C’è anche la promessa che sarebbe ritornato per pagare eventuali ulteriori spese. Più di così non poteva fare.

Ecco la misericordia e la tenerezza di Dio. Non perché meritiamo, ma perché Lui ci vuole bene e nel suo amore per noi si spinge fino al Calvario per donarci la vita. Il buon Samaritano è Gesù stesso che è pronto a dare la Sua vita non solo per alcuni, ma per tutti quelli lo vogliono prendere come esempio. Infatti la raccomandazione per il dottore della legge è “Va e anche tu fa così“.

Nel mondo in cui viviamo oggi questa parabola ha un significato importante. Non basta avere un’idea di Dio nella nostra vita, bisogna che questa si traduca nei gesti concreti della vita quotidiana. Non basta sapere le norme e osservarle perfettamente per essere salvati; saremmo come il sacerdote e il levita della parabola. Anche loro sapevano bene tutte le leggi, ma di fronte a quell’uomo mezzo morto la conoscenza della legge è servito a poco. Il samaritano diventa esempio di vita perché è prevalso in lui il sentimento giusto nel momento giusto e la sua conoscenza della legge non gli ha impedito di essere compassionevole. La nostra fede ci deve aiutare ad essere sempre di più testimoni dell’amore e della tenerezza di Dio per gli uomini: altrimenti a che cosa servirebbe!

Prendiamo a cuore le parole di Gesù e ci impegniamo a fare come lui ha fatto. Non giriamo attorno domandandoci chi è il nostro prossimo, ma facciamoci prossimo di coloro che si trovano nel bisogno. Il mondo ha bisogno di persone del genere. Chiediamo che il Padre ci aiuti ad essere misericordiosi come Lui.

Buona domenica a tutti!

P. Sabu

XIV° DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Giovani_in_CamminoIl Vangelo ci parla della missione che Gesù affida ai suoi discepoli. Quando Gesù manda i settantadue la prima cosa che gli ricorda è il dovere di pregare perché il Signore della messe mandi operai nella sua messe. Dunque il primo dovere come cristiani, come persone che testimoniano la loro fede nel Signore, è di pregare perché non manchino gli operai per il Regno dei cieli. Ovviamente il nostro dovere non si riduce solo alla preghiera perché ognuno di noi è chiamato e mandato ad annunciare il Regno soprattutto con la testimonianza della sua vita.

Il Signore è cosciente del pericolo al quale vanno incontro i suoi messaggeri e dice a loro che li manda come agnelli in mezzo a lupi. Non è molto confortante questa immagine perché si sa che fine fa un agnello in mezzo a lupi, ma la promessa che Gesù ha fatto ai suoi discepoli prima dell’Ascensione continua a confortare loro anche in quelle situazioni:Io sono con voi fino alla fine dei secoli. Non una promessa rimasta a parole, ma realizzata nell’Eucarestia dove è realmente presente per essere il miglior compagno di viaggio per ciascuno di noi. Con la sua presenza ci dice che siamo chiamati a continuare la Sua opera e non ci lascerà mai soli.

Ogni cristiano è per vocazione un messaggero di pace e Gesù nel mandare i settantadue ricorda questa realtà dicendogli che il primo augurio che loro devono dare agli altri è quello della pace. In un mondo dove ogni giorno ci attendono notizie che parlano delle violenze e delle guerre sarebbe bello che ogni discepolo del Signore  si ricordasse di essere messaggero di pace.

Quando si va con il Signore per annunciare il Regno i risultati si vedono. Ecco ciò che hanno sperimentato i settantadue. E tornano dalla loro missione pieni di entusiasmo e raccontano a Gesù le loro esperienze. Ciò che stupisce i discepoli è il fatto che anche i demoni si sottomettono a loro nel nome del loro Maestro. Non di poco conto questa nota:Nel tuo nome. Il vero discepolo è colui che non  perde questo punto di vista: avere sempre come punto di riferimento il Maestro. Infatti i discepoli sono mandati non per annunciare il loro messaggio, non sono mandati a parlare in nome loro, ma la loro missione sarà una missione vera quando sapranno trasmettere il messaggio di Dio mettendo al primo posto la gloria di Dio e non i loro interessi.

E Gesù dice che la caduta dei demoni è poca cosa in confronto alla possibilità di avere i loro nomi scritti nei cieli. Anche noi siamo chiamati ad essere gioiosi non perché abbiamo dei doni straordinari, ma perché abbiamo la possibilità di testimoniare la nostra gioia nel Signore risorto e così poter essere parte del Regno dei cieli. Noi dove abbiamo posto la nostra gioia? Nella testimonianza quotidiana della fede siamo capaci di trasmettere la nostra gioia oppure continuiamo ad essere un po’ malinconici per cui la nostra testimonianza non incide più di tanto?

Bisogna pregare che il Signore ci doni più convinzione nella nostra missione. Il Battesimo ci ha resi figli di Dio e fratelli tra di noi. Bisogna ricordarsi che siamo creati per la pace e non per la guerra, ma anche quando parliamo della pace, portiamo la guerra nel cuore. Che il Signore purifichi il nostro cuore, ci doni la forza del suo Spirito per sostenerci in questo cammino di fede.

Buona domenica a tutti!

P. Sabu

XIII° DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

I grandi maestri dlibertài spirito hanno avuto sempre dei discepoli che li seguivano assiduamente ed è un’esperienza presente un po’ in tutte le religioni. Anche nella prima lettura abbiamo un episodio di questo genere; Elia che sceglie Eliseo. I cristiani sono discepoli dell’unico Maestro che è Cristo e oggi la Parola di Dio ci invita a riflettere sulla qualità del nostro essere discepoli.

Il brano del Vangelo ci presenta dei personaggi che potrebbero assomigliare  a ciascuno di noi. Tutti sono potenziali discepoli. Il primo dice “Ti seguirò ovunque tu vada” e Gesù: “Il figlio dell’uomo non ha dove posare il capo”. Non sappiamo se si sarà scoraggiato quel tale oppure nonostante tutto abbia seguito Gesù.

Al secondo, è Gesù stesso che fa l’invito: “Seguimi”, e lui risponde chiedendo il permesso di andare a seppellire suo padre. Ma l’invito di Dio non può attendere, deve avere la precedenza e la priorità assoluta. “Lascia che i morti seppelliscano i morti” è la risposta.  Anche in questo caso non sappiamo se quel tale è andato dietro a Gesù.

Il terzo si propone dichiarando la volontà di seguire Gesù, ma anche qui c’è qualcosa che lo tira indietro: “lascia che io mi congedi da quelli di casa”. La risposta è prontissima, non si può mettere mano all’aratro e guardare indietro se vuoi far parte del Regno. Dove sarà andato il terzo non si sa, ma avrà almeno capito che il Regno non è la seconda scelta, ma decisamente la prima?

Ci inseriamo anche noi in questo quadro e ci domandiamo com’è la nostra decisione di seguire Gesù. Dio viene seguito solo quando ci conviene, quando ci fa comodo, quando non abbiamo null’altro da fare, quando c’è da chiedergli qualche favore oppure diventa una scelta di vita? Immaginate lo sfondo delle parole di Gesù: prese la ferma decisione di andare verso Gerusalemme. Non ci andava per una festa, ma per lasciarsi inchiodare sulla croce e i suoi discepoli lo sapevano e forse erano anche un po’ terrorizzati dall’idea. In questo cammino Gesù cerca i discepoli perché con la loro vita possano portare avanti il progetto di salvezza per gli uomini.

Ricordiamoci che la Sua è sempre una proposta e oggi San Paolo ce lo dice chiaramente:
, libertà dei figli di Dio riscattati dalla schiavitù del peccato. E in questa libertà diventa determinante la nostra scelta di seguire Cristo. Ciò che deve entrare nel nostro cuore è che stiamo seguendo non una dottrina, ma una persona, la persona di Gesù Cristo. Solo in quest’ottica abbiamo chiaro il nostro cammino. Soltanto quando si vuole veramente bene ad una persona, si è pronti a tutto perché quella persona viene prima di tutto.

Forse Dio non è ancora diventato tutto per la nostra vita e ne risente tutto il nostro cammino di fede. Ma anche qui Dio non ci abbandona. La sua misericordia ci sostiene e ci aiuta a riprendere il cammino. Bisogna davvero ringraziare il Signore per questo Suo amore per noi.

Non scoraggiamoci di fronte alle difficoltà sul cammino cristiano della vita. Chiediamo che lo Spirito del Padre ci aiuti e ci renda capaci di essere sempre più i suoi veri discepoli. Discepoli capaci di essere testimoni della misericordia perché riconoscenti della misericordia di Dio ricevuta.

Buona domenica a tutti!

P. Sabu

XII° DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

croce_di_maniAlla vigilia di ogni evento importante della Sua vita vediamo Gesù in preghiera. E’ una caratteristica del Vangelo di Luca e ci insegna che anche noi dobbiamo sviluppare in noi un atteggiamento simile. Nel brano che abbiamo oggi, quale potrebbe essere l’evento così importante? E’ la domanda, Chi dite che io sia, che Gesù rivolge ai suoi discepoli ed evidentemente per Gesù ha un grande valore e passo dopo passo prepara i suoi a dare una risposta personale.

Voi, Chi dite che io sia? Una domanda che risuona anche nelle orecchie del nostro cuore ed esige una risposta precisa e personale. Le prime risposte che i discepoli danno a Gesù sono frutto di quello che hanno ascoltato dagli altri, magari si saranno sentiti pure orgogliosi di fronte alla fama del loro Maestro. In un primo momento potrebbero essere importanti le opinioni degli altri, ciò che ci hanno detto ed insegnato su Gesù. Vanno bene anche le esperienze vissute dagli altri e messe davanti a noi come esempi. Ma c’è un momento dove tutto ciò non conterà nulla e l’unica risposta possibile e che va bene per il Signore sarà quella personale che ognuno di noi è chiamato a dare col cuore. Sarà una risposta che coinvolge tutto il nostro essere e il nostro agire; una risposta che coinvolge tutta la nostra vita.

Non basta dare una risposta alla domanda del Maestro, bisogna fare qualcosa di più.  Ai suoi discepoli Gesù dice che per andare dietro a lui bisogna prendere la propria croce ogni giorno. Ma deve essere una scelta fatta dal discepolo, non imposta dal Maestro. Ecco perché il Signore dice: Se qualcuno vuole. Non costringe nessuno, ma fa una proposta. Quelli che vanno dietro a lui non sono persone rassegnate ma sono coloro che hanno fatto una scelta di vita.

D’altra parte è chiaro dalle nostre esperienze quotidiane. In una qualsiasi scelta c’è una rinuncia che siamo chiamati a fare: se scegli di stare su una sedia non puoi, nello stesso tempo, sederti per terra. Nel mangiare, nel lavorare e in tutti gli ambienti della nostra vita ci sono delle scelte da fare. La scelta comporta la rinuncia a qualcosa, una piccola morte appunto. E Gesù oggi ci dice che siamo chiamati a fare delle scelte nella nostra vita e di fare queste scelte insieme con lui perché possiamo avere la vita: perdere la vita per lui per averla in eterno.

Il Signore ci chiede oggi che posto gli diamo nella nostra vita e cerchiamo di rispondergli col cuore. Ricordiamoci che non forza mai la mano e ci lascia liberi. La nostra libertà ci deve aiutare a fare delle scelte per la vita e non per la nostra morte ed è quello che il Signore vuole da noi. Chiediamo che ci dia lui stesso la forza per rispondere positivamente alla sua chiamata ed essere testimoni della Sua vita nel mondo.

Buona domenica a tutti!

P. Sabu

XI° DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Cristo nella casa dei farisei, Tintoretto (1518-1594)

Ai piedi di Gesù per ritornare a vivere! Sembra questo il messaggio che ci viene donato oggi dalla Parola di Dio. Ringraziamo il Signore per questo grande dono.

Il Vangelo di Luca è considerato il Vangelo che esalta in maniera straordinaria la misericordia di Dio e anche il brano di oggi ci aiuta a scoprire sempre meglio questo volto misericordioso del Padre. Parlando del Vangelo di Luca si può davvero dire che il nome di Dio è misericordia, come si intitola un libro di Papa Francesco. Si abbina bene questo brano con il brano di San Paolo ai Galati che mette in evidenza la fede nel Signore Risorto come via della salvezza e non l’osservanza della Legge, una fede che ti fa dire: non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me.

Nel nostro cammino di fede ci possono essere dei momenti come quello nella vita di Davide in cui rompe tutte le relazioni in un attimo. Non tiene conto del valore della persona di Uria, non considera tutto ciò che ha fatto per il regno, né l’amicizia: lo fa uccidere. Il tutto perché si è lasciato andare alla sua passione. Non siamo chiamati a giudicare il comportamento di Davide, ma dobbiamo cercare di capire se anche nel nostro cuore portiamo la violenza, le passioni disordinate, la morte e l’odio che alla fine fanno di noi degli assassini del fratello. Sappiamo perfettamente che si uccide più con la lingua che con la spada, per cui bisognerà davvero chiedere l’aiuto del Signore.

Ci sono dei momenti in cui ci accorgiamo che il nostro percorso di fede non sta andando sui binari giusti e che abbiamo bisogno di correzioni o meglio di ritornare ad una vita di grazia migliore. Personalmente credo che già questa consapevolezza sia un grande segno della misericordia di Dio. L’atteggiamento da assumere in questi frangenti è l’atteggiamento della donna che abbiamo incontrato nel Vangelo: stare ai piedi di Gesù piangendo. Non tutti hanno il dono del pianto e molti santi ci dicono che è una grazia poter piangere sui propri peccati. La donna ai piedi di Gesù diventa maestra e ci dice che la Misericordia supererà la legge quando c’è l’amore e il pentimento vero.

Il fariseo Simone aveva dubbi perfino sull’identità di Gesù quando ha visto la donna toccarlo, ma la donna era sincera nel suo pentimento. Non le importava gli sguardi indiscreti, farisaici, che la condannavano: voleva solo stare ai piedi di Gesù. Chissà se stava chiedendo perdono a Gesù oppure era talmente felice di stare ai suoi piedi che si è dimenticata di formulargli una richiesta di perdono. Ma Dio vede il cuore e non gli importano le parole formulate dalle labbra.

Vede il cuore della donna e vede anche il cuore di Simone. Mette in evidenza i due atteggiamenti e ci dice: amate di più. E’ un messaggio importantissimo perché l’accento non è più sulla legge, ma sulla persona di Gesù Cristo. Il centro non è la legge ma la fede nel Risorto. Ecco allora anche il nostro cammino si schiarisce e l’Amore che perdona illumina la strada. Restiamo anche noi ai piedi di Gesù con il nostro dolore, con il nostro pentimento e specialmente con il nostro amore. Dio che vede il cuore vedrà il nostro amore e ci aiuterà con il Suo Spirito.

Buona domenica a tutti!!!

P. Sabu

X° DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

resurrezione-figlio-vedova-di-nainLa parola di Dio oggi ci presenta dei brani che fanno riflettere sull’autorità di Dio sulla morte. Il racconto del brano del Vangelo di Luca sulla risurrezione del figlio della vedova di Nain,  è descritto come un segno della venuta dei tempi messianici.

La rianimazione del corpo del giovane però, non è un miracolo definitivo ma momentaneo, perché solo la risurrezione di Gesù è la vittoria piena e la liberazione totale dalla morte e da ogni sorta di male. E’ nella risurrezione di Gesù che ognuno di noi vede la propria vera e definitiva esistenza. Nessun uomo può operare la propria salvezza eterna e ci vuole un passaggio che solo Dio può operare nella Sua misericordia. Il passaggio per noi è il passaggio della risurrezione di Gesù, la Sua Pasqua che diventa per noi speranza di una vita che non finisce mai.

Ma da dove parte tutto questo? E’ bello notare come tutto l’evento parta dalla grande compassione di Gesù per l’uomo. Di fronte al dolore di una madre non si dimostra indifferente, non fa prediche, non spreca parole, non si affida ad espressioni consolatorie umane spesso vuote. La sua commozione è genuina, è come un abbraccio dolce che avvolge la persona che soffre e si mette dalla parte di chi è nel dolore e riesce a consolare la persona come nessun altro avrebbe potuto fare.

Credo che ciò che è importante in tutto il racconto non sia la grandezza del miracolo, ma proprio la tenerezza di Dio per l’uomo. Il miracolo è solamente un segno e tutti sappiamo che ognuno di noi porta dentro di sé la certezza di dover lasciare questa vita terrena, ognuno nel momento e nei modi che vorrà il Signore. Non ci spaventa questa realtà, ma la nostra fede ci dice che è una trasformazione che avverrà per ciascuno di noi. Ecco perché diventa importante imparare la compassione di Gesù. Per vivere in eterno abbiamo bisogno della compassione di Dio e per vivere meglio la vita terrena nostra abbiamo bisogno della compassione vicendevole.

Gesù si fa prossimo a chi soffre e dall’esempio del maestro deve imparare anche il discepolo. La nostra presenza accanto alle persone che soffrono deve diventare il segno della misericordia e della tenerezza di Dio. Una presenza che può compiere miracoli. Morte e sofferenza sono all’ordine del giorno anche attorno a noi e solo una conversione del nostro cuore verso gli uomini e solo la capacità di essere compassionevoli ci darà una mano in questo cammino.

Se poi ci pensiamo bene la morte interiore è ancora peggio della morte fisica. E forse il segno della misericordia di Dio che deve continuare attraverso di noi è proprio quello di essere prossimo per chi è in queste situazioni. Dio continua ad operare miracoli e ci sceglie come strumenti per farli. Mettiamoci nelle mani di Dio e diamogli la possibilità di continuare a compierli anche nei nostri giorni. Un’attenzione particolare la dovremo avere soprattutto verso le persone che vivono momenti di morte interiore e cercare di essere sempre più la compassione di Dio per loro oggi.

Chiediamo che il Signore della vita ci renda capaci di questi piccoli grandi gesti della vita quotidiana perché possiamo essere persone della compassione e della misericordia di Dio nel mondo di oggi. Che lo Spirito del Padre ci accompagni con la sua luce.

Buona domenica a tutti!

P. Sabu

CORPUS DOMINI

Raffaellino Del Garbo - moltiplicazione dei pani e dei pesci da S.M. Maddalena De'PazziRadunarsi attorno ad una tavola per mangiare insieme è un atto umano molto semplice e quotidiano che ha molti significati in tutte le culture e in tutte le religioni. E’ un atto molto antico che rievoca anche la solidarietà e comunione tra le persone. Questo gesto semplice acquista un significato molto più profondo nel cuore di Dio e viene affidato a ciascuno di noi come segno del Suo grande amore per noi.
S. Paolo ci ricorda che ogni volta che mangiamo questo pane e beviamo a questo calice annunciamo la morte del Signore. E’ un invito per essere coscienti che il sacrificio del Cristo è ciò che ci ha fatto guadagnare la salvezza e la nostra redenzione è acquistata a caro prezzo. Essere consapevoli della preziosità del sacrificio del Cristo per vivere quotidianamente nel Suo amore fino al giorno della Sua venuta. Il ricordo del sacrificio del Cristo ci rende consapevoli che anche noi siamo chiamati a seguire la Sua strada e i sacrifici della nostra vita hanno una dimensione salvifica e non saranno mai capaci di distoglierci da questo sguardo salvifico sulla nostra vita.

La moltiplicazione dei pani e dei pesci di cui abbiamo il racconto nella pagina evangelica, ci ricorda un’altra dimensione importante del nostro essere discepoli. Non basta guardare al Signore e al Suo potere di compiere i miracoli ed esserne beneficiari, ma bisogna essere anche capaci di aprire il nostro cuore e mettere a disposizione del Signore quel poco che abbiamo nella nostra vita. Bisogna dare a Lui la possibilità di compiere i miracoli anche nel mondo di oggi. Le Sue mani tese verso il bisognoso sono le nostre mani oggi. Alla base del miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci c’è la buona volontà dei discepoli che hanno messo a disposizione di Gesù il poco che avevano, consapevoli che non sarebbe comunque bastato per tutta quella gente. Ma unita alla grazia del Signore, questa disponibilità diventa capace di un grande miracolo.

Ci sembrerà sempre che non basterà mai quel che facciamo per risolvere i problemi attorno a noi nonostante la nostra buona volontà. Però bisogna sempre pensare che le mani del Signore per gli altri siamo noi e non ha altre possibilità per andare incontro al fratello bisognoso. In fondo non siamo noi che compiamo il miracolo, è sempre Lui. Bisogna sempre cercare di crescere attorno alla mensa del Signore che ci rende capaci ad essere disponibili nei confronti degli altri.  Dio si offre a noi nel pane, si spezza per noi e a nostra volta siamo chiamati ad essere pane spezzato per la vita degli altri. Tutti noi che ci comunichiamo al Pane del Cielo siamo chiamati a diventare pane per gli altri. D’altra parte non ci servirebbe a nulla prendere parte del Banchetto del Signore se poi non abbiamo la volontà di metterci in gioco per gli altri.

La sfida che questa festa odierna lancia a noi è proprio questa: misurarci con la misura del Cristo. E’ facile sedersi al tavolo del Signore e pregare che ci nutra con il suo corpo, ma non è altrettanto facile essere noi il pane per gli altri. Speriamo che la festa che stiamo celebrando ci renda meno egoisti anche nel nostro cammino di fede, ci renda capaci di spenderci per gli altri per essere veri discepoli del Pane offerto per noi sulla croce. Che lo Spirito del Padre ci aiuti in questo nostro cammino.

Buona domenica a tutti!

P. Sabu

SANTISSIMA TRINITÀ

Trinità - MasaccioCelebriamo oggi la solennità della Santissima Trinità e il desiderio che questa celebrazione deve suscitare in noi potrebbe essere quello di conoscere ed amare sempre di più il nostro Dio e di chiedere per ciascuno di noi la grazia di testimoniare la nostra fede nel mondo di oggi.

Il libro dei Proverbi ci invita a riflettere sulle tracce di Dio presenti nel mondo in cui viviamo e spontaneamente ci viene il desiderio di contemplare la bellezza del creato e innalzare il nostro pensiero a Colui che ne è l’autore. Molto probabilmente è anche un invito ad essere bambini nella purezza di cuore e del pensiero, per comprendere il mistero di Dio. Il desiderio della bellezza, della gioia, della pace, dell’amore che ognuno di noi porta dentro di sé è in fondo il desiderio di Dio. In questo senso ognuno di noi è continuamente in cerca di Dio e questa ricerca non si fermerà finché siamo in vita e finché avremo voglia di andare avanti nel cammino.

I discepoli sono tristi perché il Maestro li lascerà, non riescono a comprendere che il suo non è un distacco che lascerà un vuoto. Anzi, sarà qualcosa che darà occasione agli apostoli di ricevere un dono grandissimo che li trasformerà: il dono dello Spirito Santo. Le parole di Gesù, Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà”,  rivela loro il mistero della Trinità. Non un Dio diverso da quello che gli apostoli hanno avuto modo di conoscere attraverso il loro maestro, ma un Dio che in modo diverso continuerà a stare con loro e darà loro la capacità di essere sempre in comunione con Lui.

San Paolo ce lo dice chiaramente: L’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato”. Siamo in pace con Dio non per i nostri meriti o per le nostre opere, ma per ciò che ha fatto Gesù per noi. Il Figlio di Dio diventato Figlio dell’uomo ci ha dato la capacità di conoscere il vero volto di Dio e di amarlo ed essere in comunione con Lui. Ma non servirebbe a nulla se non fossimo capaci di amare e di essere in comunione con il nostro prossimo. Ecco dove ci viene in aiuto lo Spirito Santo: insegnarci e guidarci nell’amore di Dio.

Abbiamo concluso il tempo pasquale chiedendo l’aiuto dello Spirito per ciascuno di noi, ma non bisogna fermarsi. Questo Spirito che ci è stato donato deve essere invocato sempre. Lo invochiamo in modo particolare oggi perché ci dia la sua forza per cercare Dio continuamente con un cuore puro e semplice. Chiediamo che ci renda capaci di testimoniare la presenza di Dio nel mondo, e alla nostra comunità parrocchiale doni la forza di rappresentare la comunione che c’è tra il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Una comunione di amore che diventi forza e coraggio per tutti quelli che vengono a contatto con la nostra vita.

Buona domenica a tutti!

P. Sabu

PENTECOSTE

PentecosteC’è un episodio nella Bibbia, raccontata nel libro della Genesi, che è in netto contrasto con la festa di oggi: la torre di Babele. Diventa segno della discordia e divisione tra gli uomini e causa della loro dispersione. Penso che la solennità di oggi ci ricorda invece che nello Spirito del Signore siamo chiamati all’unità e non alla disgregazione, alla comunione di amore e non alla divisione e all’odio. Mi sembra che il nostro sguardo deve cadere oggi sulla gioia che ci offre questo Spirito e ringraziare il Signore perché ce lo manda come il nostro accompagnatore e consolatore.

Lo aveva detto Gesù, ai suoi discepoli: “Vi manderò lo Spirito, il Paraclito che vi insegnerà e vi ricorderà ogni cosa che vi ho insegnato”. Ha mantenuto la promessa e oggi si compiono le sue parole quando questo Spirito scende su Maria e gli Apostoli riuniti in preghiera.

Ci sono dei segni come il fragore, un vento che si abbatte impetuoso e riempie tutta la casa  dove erano radunati. Sono segni che ricordano la manifestazione di Dio sul monte Sinai dove a Mosè viene affidata la tavola della legge. Possiamo dire che anche in questa manifestazione dello Spirito viene data una nuova legge, una nuova alleanza, non più scritte sulle tavole di pietra ma nel cuore dell’uomo. Forse la novità della discesa dello Spirito è proprio questo: l’uomo è invitato a guardare a se stesso come tempio dello Spirito Santo e la legge da osservare non è qualcosa di esterno a lui, ma scritta nel suo cuore.

Un altro effetto dello Spirito è l’universalità del messaggio di salvezza. Se la legge sul Sinai è stata data al popolo eletto, quando scende lo Spirito tutti i popoli radunati a Gerusalemme sentono parlare nelle proprie lingue i discepoli. Significa che il messaggio non avrà più confini spaziali, ma il cuore umano sarà il confine ultimo del messaggio del Vangelo.

Noi che abbiamo avuto l’effusione dello Spirito Santo nel Battesimo e nella Confermazione, siamo chiamati all’universalità: non  dobbiamo avere le barriere che ci impediscono di testimoniare l’amore di Dio. Lo Spirito ci manda come discepoli del Signore nel mondo di oggi e se ci saranno ostacoli, molto probabilmente sarà l’effetto di un cuore piccolo che non è riuscito ad aprirsi al messaggio di Dio e dove lo Spirito del Padre non riesce ad agire.

Guardiamo alla Chiesa come la manifestazione dello Spirito nel mondo di oggi. Nonostante le difficoltà che gli uomini che la compongono hanno, è il segno più grande dell’azione continua dello Spirito Santo nel mondo di oggi. Se non fosse per la presenza dello Spirito, non esisterebbe e non resisterebbe ai tanti attacchi che affronta.

Noi dobbiamo ringraziare il Signore per il dono dello Spirito Santo e fare di tutto perché questo Spirito faccia crescere in noi l’amore di Dio. Ricordiamoci che lo Spirito ci sostiene nel nostro cammino e ci indica la strada. Apriamo il nostro cuore per accoglierlo sempre di più e chiediamo che ci aiuti ad essere testimoni del Suo amore nel mondo di oggi, ci aiuti ad essere il segno dell’amore di Dio per gli uomini.

Vieni, Spirito Santo, riempi i cuori dei tuoi fedeli ed accendi in essi il fuoco del Tuo amore”.

Buona Domenica a tutti!

P. Sabu

ASCENSIONE DEL SIGNORE

ascensione (Giotto)Celebriamo oggi la festa dell’ascensione del Signore e l’evangelista Luca ne parla sia nel suo Vangelo che negli Atti degli Apostoli. Nel Vangelo è presentata come la conclusione gloriosa della vita di Gesù, ma negli Atti è raccontata come punto di partenza dell’espansione missionaria della Chiesa. Anche noi, oggi, siamo chiamati a guardare a questo episodio della vita di Gesù come un invito ad essere testimoni gioiosi della missione affidata agli apostoli.

Gesù porta gi apostoli sul monte e apre la loro mente per comprendere le Scritture. E’ l’esperienza dei discepoli che erano andati a Emmaus. Quel compagno di viaggio spiegava loro le scritture e una volta riconosciuto il Signore si chiedono: “Non ci ardeva il cuore nel petto mentre ci spiegava le scritture?”. E diventano testimoni di questa gioia una volta tornati dagli altri discepoli.

C’è un bel brano di Isaia che dice: «Per voi ogni visione sarà come le parole di un libro sigillato: si dà ad uno che sappia leggere, dicendogli: “Leggilo”, ma quegli risponde: “non posso, perché è sigillato”. Oppure si dà il libro ad uno che non sa leggere, dicendogli: “Leggilo”, ma quegli risponde: “Non so leggere”» (Is 29,11-12). Cambiano le prospettive, ma il libro rimane non letto. Se non chiediamo che il Signore apra il nostro cuore e la nostra mente rimarremo sempre confusi di fronte alla sua Parola. E comprendere la Scrittura è il primo passo verso l’accoglienza del Signore.

Una volta aperta la mente dei suoi discepoli, il Signore affida loro il messaggio da portare agli altri e l’essenza della loro predicazione è la conversione e il perdono dei peccati. La presenza del Signore non è per la condanna degli uomini, ma per la loro conversione e per il perdono. Forse abbiamo ancora una visione negativa di Dio e lo vediamo come colui che giudica piuttosto che come il Padre misericordioso che corre incontro al figlio che torna.

Prima di andar via dai suoi, il Signore li benedice e anche questo gesto non è di poco conto. Nel suo sacrificio sulla croce Gesù innalza al Padre la preghiera più bella per tutta l’umanità. Le sue mani alzate diventano mani stese sui discepoli in questo momento e questo gesto continua anche oggi per ciascuno di noi. E’ bello immaginare queste mani di Gesù stese su di noi sempre, anche quando non ne siamo coscienti. E in questo modo diventa reale anche la sua promessa, “sarò con voi sino alla fine del mondo”.

Di fronte a un Dio che ci vuole così bene il gesto da compiere è quello di prostrare ed adorarlo come i discepoli. Ringraziarlo perché continuamente alza le mani verso il Padre e le stende su di noi per benedirci. I discepoli che scendono dal monte rimangono nel tempio lodando Dio pieni di gioia: una liturgia solenne, possiamo dire. Così si conclude il racconto dell’Ascensione, ma per noi non è una conclusione, piuttosto un inizio. Inizio di una vita di testimonianza che rende visibile la benedizione di Dio per l’umanità non attraverso le parole, ma con i gesti semplici della vita quotidiana. Chiediamo che ci dia la forza per questa testimonianza quotidiana.

Buona domenica a tutti!

P. Sabu