XXV° DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

prudenzaDi chi siamo servi? E’ la domanda che la parola di Dio ci rivolge oggi. Bisogna fare delle scelte perché non possiamo servire Dio e il denaro. Da questa scelta dipendono anche gli atteggiamenti della nostra vita e il cammino della nostra fede.

Nella nostra esperienza quotidiana ci sono dei momenti dove ci accorgiamo di aver bisogno di qualcuno su cui poggiare il nostro cammino. Se questo qualcuno è Dio, allora egli diventa il tesoro più grande e il cammino diventa più sereno. Se invece il nostro dio è il denaro o il piacere o il potere o qualcosa d’altro, ci sentiamo imbrigliati e il nostro cuore non trova pace. Pur conoscendo questo fatto molte volte non siamo capaci di venirne fuori e il nostro cuore si appesantisce sempre di più.

La prima lettura ci presenta Dio che prende la difesa del povero e dell’indifeso e si mette contro i pastori che non si prendono cura di loro. Calpestare il povero e sterminare gli umili sono i gravi peccati di questi pastori e Dio dice loro che non si dimenticherà del male fatto. Gli atteggiamenti di coloro che hanno potere rimangono più o meno gli stessi anche oggi.

Ma anche di fronte a scenari di violenza e ingiustizie, la seconda lettura ci dice che siamo chiamati ad avere uno sguardo diverso e bisogna pregare anche per coloro che ci governano e che hanno potere: suppliche, preghiere e ringraziamenti per tutti gli uomini, per i re e per tutti quelli che stanno al potere”. Il motivo è molto semplice:“Dio vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità”.  Quindi anche noi siamo chiamati a pregare, alzando al cielo mani pure, senza collera e senza contese,  come ci ricorda ancora san Paolo.

Il consiglio che viene dalla pagina del Vangelo è un invito alla prudenza. Siamo chiamati ad usare la ricchezza di questo mondo per guadagnare la vita eterna. L’amministratore disonesto non viene lodato per il suo modo di agire disonesto, ma perché è stato bravo a sfruttare i mezzi nelle sue mani per assicurarsi un futuro. L’amministratore aveva fatto una cosa del genere per assicurarsi il futuro su questa terra e l’invito è di fare tutto ciò che è nel nostro potere per assicurarci la vita eterna.

Come siamo nel nostro vivere quotidiano? Siamo prudenti, sapienti o “furbi” per assicurarci la vita eterna oppure siamo semplicemente degli amministratori disonesti e basta? Come facciamo a sapere se siamo amministratori disonesti? Il punto di partenza è riconoscere che abbiamo ricevuto tutto da Dio. Se uno è nato in un paese piuttosto che in un altro non è stata per scelta sua e neanche il fatto di essere nati in una famiglia piuttosto che in un’altra. Lo stesso vale per quanto riguarda i genitori: non li abbiamo scelti noi e anche i doni che ognuno di noi ha.

Riconoscere questo fatto è fondamentale perché ci mette nella giusta dimensione nei confronti degli altri. Ovviamente ognuno di noi è chiamato a fruttificare ciò che il Signore gli ha donato. Quindi se uno non sfrutta i suoi talenti, il tempo, la ricchezza, la salute, l’intelligenza ecc. per essere al servizio degli altri e nella sua pigrizia non sfrutta i doni ricevuti, è un amministratore disonesto e bisogna correggere il cammino.

Ecco allora il Vangelo di oggi diventa importante per noi perché ci invita ad avere uno sguardo attento sulla nostra vita ed essere amministratori onesti e prudenti. Sappiamo che è difficile il cammino e allora ci affidiamo alla misericordia di Dio che non ha limiti e ci abbraccia sempre con il suo amore.

Buona domenica a tutti!

P. Sabu

XXIV° DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

misericordiaPossiamo chiamare questa domenica “Domenica della Misericordia”. Tutta la Parola di Dio di oggi ha questo tocco divino del perdono e soprattutto nella parabola del figliol prodigo ha il suo culmine la misericordia di Dio per gli uomini: un’esaltazione della gioia del perdono dato e ricevuto.

La prima lettura ci presenta la figura di Mosè come colui che intercede presso Dio per il popolo e riesce a cambiare il cuore di Dio che si “pente” e non manda il male che aveva minacciato di fare al Suo popolo. Un Dio minaccioso che diventa misericordioso davanti alla supplica di questo uomo che rimane come un mediatore potente per il popolo. Anche la seconda lettura ci parla della misericordia di Dio che si muove verso i peccatori e san Paolo quasi si vanta ad essere un peccatore proprio perché Cristo è venuto a salvare i peccatori e non i giusti.

Il brano del Vangelo è uno di quelli molto conosciuti e come tale rischia di passare senza toccarci il cuore. Invece è una parabola che deve essere meditata ogni volta che ne abbiamo l’occasione perché ogni volta ci sorprende con la sua novità.

Dovremmo davvero stupirci guardando il comportamento del figliol prodigo? Penso proprio di no. Nella vita di ciascuno di noi ci sono momenti di tradimento e di rinnegamento, momenti di allontanamento dalla casa del Padre, momenti di sperpero dei doni ricevuti dal Signore. Ci accorgiamo di essere lontani dal Signore e maledettamente infelici anche quando sembra che non ci manchi nulla. Si sente il bisogno del Padre perché l’unico che può donarci la vera gioia e pace nel cuore. Ma è un’esperienza che abbiamo fatto diverse volte nel cammino della nostra vita e non dovrebbe neanche scandalizzarci più di tanto.

Questa parabola è un ricordo: un ricordo delle braccia della Misericordia, personificata in Cristo Gesù, un ricordo dell’amore di Dio che si fa dono totale sulla croce. Un amore che ci invita a svegliarci e metterci in cammino verso la Misericordia. Il vero scandalo è l’amore del Padre che perdona oltre ogni immaginazione. E’ scandalo perché ci sfida, e mentre per noi è facile paragonarci al figliol prodigo o anche al figlio maggiore, il volto del Padre misericordioso ci interroga e ci chiede di cercare di capire dove siamo nel nostro cammino. L’amore di questo padre verso il suo figlio ci ricorda che siamo amati così dal Signore e a nostra volta siamo chiamati ad essere segno della misericordia di Dio per gli uomini. E’ questa la vera sfida per ogni cristiano.

Stiamo andando verso la conclusione di questo anno giubilare della misericordia. Abbiamo fatto il nostro pellegrinaggio e abbiamo attraversato la porta santa? Non intendo un pellegrinaggio e una porta santa materiali: sarebbe facile accontentarsi di questo. Invece il vero pellegrinaggio giubilare deve essere nel nostro cuore, nei nostri rapporti con le persone. Bisogna spalancare la porta santa del nostro cuore, santa perché è il tempio dello Spirito, e passare attraverso questa porta per arrivare al cuore di Dio che accoglie tutti e offre la sua misericordia a tutti. Se non abbiamo fatto questo pellegrinaggio interiore a che cosa ci servirebbe passare per centinaia di porte sante!

Signore donaci la conversione del cuore. Donaci un cuore che palpita per Te e per il prossimo. Facci capire la profondità della tua misericordia perché possiamo essere capaci a nostra volta di essere misericordiosi come te.

P. Sabu

XXIII° DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

impronteIl libro della sapienza lancia una sfida: Come si può conoscere il volere di Dio? Ci dice di non fare affidamento alla sapienza umana perché a stento conosciamo le cose della terra e scopriamo con fatica quelle a portata di mano. Invece bisogna affidarsi a due forze che vengono dall’alto: La sapienza e lo Spirito Santo. Sta a noi pregare che il Signore ci doni il Suo Spirito per conoscere il suo volere e che ci doni la sapienza per essere perseveranti nell’adempimento della Sua volontà.

Il brano del Vangelo ci ricorda le esigenze della sequela di Cristo: Amare Dio più di tutto e di tutti, portare la croce e rinunciare ai propri averi. Uno che non è pronto a fare queste cose non può essere discepolo del Signore. Si capisce subito che bisogna chiedere sempre di più la luce dello Spirito per capire la profondità dell’insegnamento di Gesù.

La scelta di Gesù non deve essere casuale, deve essere molto ponderata altrimenti si rischia anche la brutta figura. Le parabole che dice Gesù sono illuminanti: uno che vuole costruire una torre e un re che parte in guerra. Bisogna calcolare le forze prima per non rischiare di essere deriso dagli altri o nel secondo caso addirittura perdere la vita. Ma seguire Cristo è così difficile?

Per fare un pellegrinaggio a piedi, tipo quello a Santiago di Compostela, non si improvvisa, ci si prepara molto prima e ci si allena. Se uno si rende conto di non farcela non parte neanche o sceglie un percorso breve adatto alle proprie forze. Ma chi si è allenato affronta il pellegrinaggio con entusiasmo ed è felice nell’affrontarlo. Nel nostro pellegrinaggio terreno bisogna essere gioiosi ed entusiasti a seguire Cristo. Come in un qualsiasi cammino, ci potranno essere difficoltà, momenti di fatica, ma se ci si allena e si utilizzano i mezzi che sono a disposizione nostra, possiamo farcela anche noi.

Il punto di riferimento è il Signore, perché se non c’è lo sguardo fisso su di lui, il cammino non si fa di sicuro. Ecco quell’andare dietro di cui ci parla Gesù. Sulla sabbia bagnata della spiaggia alle volte si vedono i bambini che camminano mettendo i loro piedi sulle orme lasciate dai grandi, specie dai loro genitori. Noi dovremo fare qualcosa del genere: mettere i nostri piedi sulle orme del Maestro e seguirlo passo dopo passo. In questo modo la strada diventa percorribile. L’amore per il Maestro deve essere superiore a tutto il resto e questo amore ci darà anche forza ed entusiasmo per fare le necessarie rinunce del cammino.

La preghiera di oggi sia per ricevere la luce dello Spirito e la sapienza che Lui solo può donarci. Il Signore ci lascia anche i mezzi per allenarci ed essere preparati a questo cammino: la Parola di Dio e i sacramenti. Sono i mezzi più sicuri che siamo chiamati ad usare in questo nostro pellegrinaggio terreno. Affidiamoci all’amore che ci viene donato nello Spirito e chiediamo che il Padre ci sostenga in questo cammino con la sua misericordia.

Buona domenica a tutti!

P. Sabu

XXII° DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

papa-lavanda-dei-piediInevitabile il pensiero alle tante vittime del terremoto e alle loro famiglie: la vicinanza a loro deve essere prima di tutto nella preghiera perché il Signore possa dare la sua consolazione e speranza e che la solidarietà degli uomini faccia il resto in questa situazione difficile.

Invitati alle nozze del Signore! Immaginate quale grande chiamata il Signore ci ha dato! Bisognerebbe rendersene conto e fare di tutto perché siamo pronti e degni di esserne parte. Il primo sentimento quindi di fronte alla Parola di oggi è proprio quello di ringraziamento al Signore.

Quanto più sei grande, tanto più fatti umile è l’invito che ci viene dalla prima lettura. Il Vangelo ci esorta a scegliere gli ultimi posti. Se guardiamo alla natura, c’è un insegnamento continuo di questo tipo. Ad esempio, gli alberi da frutta quasi si chinano verso di noi quando sono pieni e si raddrizzano quando non ci sono più di frutti. L’uomo invece sembra abituato a fare il contrario: non c’è neanche bisogno che abbia qualche qualità, basta che pensi di averne qualcuna, che subito si inorgoglisce e non vede più quelli che ha intorno. Si drizza come un albero senza frutto.

L’invito che tutta la parola di Dio di oggi ci rivolge è di rivedere i nostri atteggiamenti interiori nei confronti del prossimo e di essere umili e semplici nella nostra vita perché Dio dona la sua grazia per coloro che si sentono bisognosi di lui. E’ particolarmente buffa la situazione che Gesù mette davanti ai suoi ascoltatori. Gesù osserva e vede che gli invitati scelgono i primi posti e allora invita loro a fare il contrario, cioè a scegliere l’ultimo posto per evitare umiliazioni ed eventualmente essere invitato ad andare avanti. Situazioni di disagio e dispiacere un po’ per tutti! Gesù vede il cuore degli uomini e sa che il desiderio di primeggiare c’è sempre nel cuore umano.

Insegnamento anche per colui che l’aveva invitato: Non invitare coloro che possano ricambiare. Qui l’invito diventa ancora più importante e ci interroga più da vicino. Il nostro rapporto con gli altri si basa sulla gratuità oppure ciò che ci muove è non si fa nulla per niente. Nella nostra vita quotidiana ci sono vari momenti in cui veniamo a contatto con altre persone e abbiamo sempre la possibilità di attuare l’insegnamento del Vangelo. Però, sappiamo quanto sia difficile entrare in questa logica. Alle volte ci sembra che tutto il mondo sia ingrato e siamo noi che sempre subiamo i torti. Invece bisognerebbe avere un occhio ai nostri atteggiamenti nei confronti degli altri per capire che non sono alla fin dei conti peggiori di noi. San Paolo ci dice che bisogna sempre considerare gli altri migliori di noi.

Il desiderio di primeggiare deve essere moderato con l’esercizio dell’umiltà. Essere umili non vuol dire lasciarsi umiliare dagli altri. Quando viene schiaffeggiato davanti a Pilato, Gesù domanda al Soldato: Se ho detto la verità, perché mi percuoti? E’ una domanda che lascia di stucco. La vera umiltà è quello di riconoscere il proprio stato nella verità e non per quello che gli altri dicono di noi né per quello che vorremmo essere e non siamo realmente. La corsa per il primo posto ci fa capire che c’è il nostro io che vuole prevalere e non tiene conto degli altri o li considera inferiori a noi.

Sappiamo che il cammino non è facile e allora affidiamoci alla misericordia del Padre e chiediamo che ci dia una vera conoscenza di noi stessi perché possiamo essere migliori sia nell’essere ospiti sia nell’essere persone che ospitano gli altri. Che il Signore ci aiuti.

Buona domenica a tutti!

P. Sabu

XXI° DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Kabuli_GateUna porta stretta per la quale siamo chiamati a passare per entrare nel Regno dei Cieli! E’ la visione che la pagina del Vangelo di oggi ci presenta. E come sfondo abbiamo l’immagine di un Padre che, nel suo amore per il figlio, lo corregge (la seconda lettura).

Immaginate la scena di una porta stretta davanti la quale c’è una folla che cerca di passare: tutti  a spintonare e a cercare di superare gli altri! Sarebbe un vero disastro. Sarà così il Regno dei cieli? Ci passerebbe la voglia di entrarci. Gesù ci dice qualcosa di veramente più bello ed importante per la nostra vita e chiediamo che ci illumini con il Suo Spirito per non perdere di vista ciò che ci vuol dire.

Pensate a qualche altro brano del Vangelo dove Gesù dice che lui stesso è la porta delle pecore e coloro che non entrano per quella porta sono ladri e mercenari oppure quando racconta la parabola di un tale che arriva a mezzanotte dal suo amico e gli chiede dei pani e l’altro gli dice che non poteva venire ad aprire la porta! Non perché suo amico, ma perché lo importunava gli viene aperta la porta; quanto più, dice il Signore, farà il Padre celeste! Possiamo immaginare che la porta di cui parla Gesù sia lui stesso: una porta attraverso la quale dobbiamo passare tutti se vogliamo far parte del regno dei cieli. Ecco che la porta diventa larga e non più stretta perché la scelta non è qualcosa di materiale, ma è la scelta di una persona e la misura del proprio cammino diventa Dio stesso.

Quando si fa una semplice passeggiata, siamo sereni e gioiosi se siamo in bella compagnia e insieme il cammino diventa anche più percorribile. Triste sarebbe un cammino dove siamo lasciati da soli e tutto ciò che facciamo non ha come solo termine di paragone la nostra stessa vita. Il cammino al quale il Signore ci invita non è un cammino da fare da soli, perderebbe ogni significato! Siamo chiamati a fare questo cammino abbracciati agli altri fratelli.

Don Tonino Bello diceva che gli piace immaginare gli uomini con un’ala soltanto! Si vola soltanto stando abbracciati con l’altro e questo altro potrebbe essere addirittura Dio stesso. Il cammino di un discepolo del Signore non è un cammino da fare da soli, siamo in compagnia perfino con gli angeli e i santi. Pensate come sarebbe gioioso il cammino se fossimo consapevoli di questa realtà! Ma la porta stretta rimane perché la scelta per il Signore non è una scelta da fare a cuor leggero, ci costa e ci impegna, deve essere lui la misura della nostra vita e del nostro cammino: bisogna sempre ricordarsi che il Suo amore per gli uomini lo spinge fino alla morte in croce.

E allora coraggio, chiediamo che il Signore ci conceda la grazia di passare attraverso di lui per far parte del Regno dei cieli al quale ciascuno di noi è chiamato. Chiediamo che lo Spirito ci illumini e ci sostenga in questo cammino e uniti ai nostri fratelli possiamo far parte di una moltitudine di persone che si incamminano verso questo regno di pace e di gioia.

Buona domenica a tutti!

P. Sabu

XX° DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

fuocoIl profeta è sempre stato un segno di fronte agli uomini. Un uomo che parla in nome di Dio ma che subisce sulla propria pelle le conseguenze di essere la voce di Dio per gli uomini. La prima lettura ci presenta questa realtà del profeta Geremia che viene gettato nella cisterna perché qualcuno non digeriva le sue parole che in fondo non erano sue ma di Dio e di conseguenza, rifiutando le parole del profeta avevano rifiutato Dio stesso.

La sorte di Gesù non è diversa da quella di tutti i profeti. Oggi ci sono dei passaggi del brano del Vangelo che ci fa rimanere perplessi: portare il fuoco, ricevere un battesimo e portare la divisione. Non sono parole semplici da capire e digerire per cui prima di tutto chiediamo l’aiuto dello Spirito rinnovando la preghiera che abbiamo rivolto al Signore con l’acclamazione al Vangelo: Apri, Signore il nostro cuore e comprenderemo le parole del Figlio Tuo.

Sono venuto a portare il fuoco sulla terra: sono le parole che Gesù rivolge ai suoi discepoli. Qual è questo fuoco che egli porta? Ricordiamoci le parole del Battista quando parlava di colui che doveva venire: “io vi battezzo con acqua, ma colui che viene dietro a me vi battezzerà con Spirito e fuoco”. Nella terminologia biblica lo Spirito Santo e il Fuoco sono la stessa cosa, si dice che lo Spirito Santo è il Fuoco divino e il Fuoco divino è lo Spirito Santo. Quindi il fuoco che Gesù porta è il fuoco dell’amore divino e il suo grande desiderio è che questo fuoco sia acceso sempre nel cuore degli uomini e che contagi tutti quelli che vengono a contatto con loro. Come discepoli del Signore anche noi dobbiamo pregare perché questo fuoco sia sempre acceso nei nostri cuori.

Un battesimo da ricevere non è un battesimo diverso da quello che ha ricevuto Gesù: casomai è il compimento della consacrazione ricevuto al fiume Giordano. Tutta la vita di Gesù, dal Giordano al Calvario, è un vivere continuo della volontà del Padre. Il culmine di questo cammino è il dono della propria vita per la salvezza dell’umanità sulla croce . Si compirà pienamente con la risurrezione, ma il desiderio di Gesù è talmente profondo che diventa quasi un’angoscia per lui. Questo battesimo si deve compiere anche in ogni discepolo: il piano di salvezza per l’uomo coinvolge tutti i discepoli. Unito con Cristo il discepolo diventa capace di dare la propria vita per gli altri ogni giorno.

Può la fede in Cristo portare divisione? Stiamo parlando di uno che, quando nacque, gli angeli cantarono: “pace in terra agli uomini di buona volontà”. Disse ai suoi discepoli: “imparate da me che sono mite ed umile di cuore” e “vi do la mia pace, non come la da il mondo. Nell’ultima cena aveva pregato perché i suoi discepoli e lui siano una cosa sola come lui e il Padre sono una cosa sola. E’ difficile immaginare che sia venuto a portare la divisione. Eppure la scelta di Gesù comporta divisione. La storia ci dice che c’è sempre stata questa divisione anche all’interno delle stesse famiglie. Con lui non ci sono compromessi: o con lui o contro di lui. Bisogna sempre ricordarsi che la divisione in questo caso non dipende da lui, ma da noi. Per sceglierlo bisogna aver coraggio e questo coraggio si paga.

Noi chiediamo che la scelta di Gesù ci metta in comunione con gli altri e insieme con gli altri fratelli e sorelle nella fede possiamo camminare sereni nella nostra vita. Preghiamo perché lo Spirito d’amore che lui è venuto a portare sulla terra arda nei nostri cuori e ci renda testimoni fedeli del suo amore.

Buona domenica a tutti!

P. Sabu

XIX° DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Amministratori, non padroni: la parola di Dio sembra invitarci ad avere un sano realismo nella nostra vita e seguendo il messaggio della domenica scorsa, ci esorta ad essere saggi, lasciando la stoltezza di questo mondo, nel nostro cammino di fede.

Il brano si apre con una parola di consolazione: Non temere, piccolo gregge. Ci vorrebbe ogni giorno una parola del genere per darci conforto e consolazione e forza per avere uno slancio per affrontare le nostre giornate concitate. Anche quando siamo in un periodo di ferie sembra che corriamo ancora di più del solito. E allora un ringraziamento al Signore per questa parola che ci consola.

Come si fa in questo mondo a farsi borse che non invecchiano e un tesoro sicuro nei cieli? Sembra impossibile. Siamo talmente presi dalle mille cose da fare nel nostro vivere quotidiano che non c’è tempo per pensare ad altre cose che non siano strettamente collegate con le preoccupazioni della vita terrena. Anche se è dato a noi il Regno non abbiamo tempo per pensare a questo dono. Un modo per pensare a tutte queste cose ce lo insegna il brano del Vangelo di oggi: pensare alla nostra realtà di essere amministratori della vita che il Signore ci ha donato e non pensare di essere padroni. Come amministratori siamo tutti chiamati a rendere conto, se fossimo padroni non ce ne sarebbe bisogno.

Ecco la realtà di ciascuno di noi. Anche se nella nostra vita di ogni giorno ci sembra che siamo noi i padroni e ci comportiamo come tali, il Signore oggi ci ricorda che siamo degli amministratori e come tali soggetti ad un rendiconto. A differenza degli amministratori terreni, non sappiamo quando ci verrà chiesto il conto della nostra vita ed ecco l’invito ad essere vigilanti e pronti sempre. Essere buoni amministratori che sono attenti al dono ricevuto dal loro padrone perché è un padrone che metterà gli amministratori a tavola e passerà a servirli. Quindi non un padrone che sfrutta i suoi amministratori, ma che li tiene in grande considerazione.

Che tipo di amministratori siamo? La risposta è responsabilità di ciascuno di noi. Se siamo amministratori prudenti e vigilanti bene per noi: possiamo andare avanti sereni nel nostro cammino. Se ci accorgiamo ad essere degli amministratori così così, è ora di cambiare perché non sappiamo né il giorno né l’ora.

C’è una frase in questo brano che non ci deve sfuggire: dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore. Non è semplicemente una frase ad effetto. Pensate com’è importante per ciascuno di noi. Dov’è il nostro cuore? Se ci fermiamo un attimo e esaminiamo dove va il nostro cuore possiamo capire tante cose della nostra vita. Il Signore è il miglior psicologo che c’è e come tale conosce bene come muove il cuore umano. Effettivamente dove si ferma il nostro cuore è dove abbiamo trovato il tesoro. Si ferma ai piaceri della terra? Il nostro tesoro è quello. Si ferma al potere, alla scienza, agli affetti o a qualsiasi altra cosa? Il nostro tesoro è lì. Bisognerebbe cercare  di capire questo movimento per scoprire che cosa consideriamo vero tesoro nella nostra vita.

Proviamo che il movimento del nostro cuore sia prima di tutto verso Dio e dopo per il nostro prossimo e cerchiamo di essere fedeli e costanti in questo movimento del cuore. Il nostro vero tesoro sia Dio  e il prossimo, per essere degli amministratori fedeli e vigilanti. Chiediamo che il Signore ci aiuti in questo nostro cammino e ci accompagni con l’aiuto del suo Spirito.

Buona domenica a tutti!

P. Sabu

XVIII° DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

denaroQuello che hai preparato di chi sarà?  Una domanda che spiazza i progetti dell’uomo e lo mette nella giusta dimensione della vita. La parabola del Vangelo di oggi ci invita a fare una riflessione sulla nostra ricchezza, non solo nel suo accumulare, ma anche del suo uso proprio.

Cercare di accumulare il denaro per sentirsi sicuri per la quantità che uno ne ha, è un modo di agire comune degli uomini del nostro tempo. La ricerca del benessere economico diventa un’ossessione per qualcuno e avere tanti soldi viene considerato come avere l’indipendenza di agire e non avere a che fare con gli altri. Ci si riduce al proprio mondo piccolo e si ha paura di perdere questi soldi e in tal modo perdere anche le sicurezze costruite.

Se da una parte il desiderio delle ricchezze mette l’uomo nelle condizioni di lavorare onestamente per mantenersi, dall’altra parte bisogna tener sempre presente il monito del Vangelo. Ci sono dei momenti della vita in cui ci accorgiamo che tutti i soldi accumulati non servono a nulla. Di fronte alla malattia o alla morte di una persona cara, saremmo pronti a dare tutto il denaro di questo mondo, ma rimaniamo impotenti e sconsolati. E per un attimo la logica del Vangelo entra nella nostra testa, ma l’attimo dopo siamo ancora lì con la nostra fragilità. Se ci pensiamo bene riconosciamo il potere del denaro per trasformare l’uomo in senso negativo e renderlo egoista ed insensibile. Quante divisioni all’interno delle stesse famiglie per questioni di eredità! Quante vite umane perse! Quante lacrime versate! Eppure questo attaccamento al denaro non ci lascia.

Che cosa ci dice Gesù? Non gli interessa quanto raccolto aveva avuto quell’uomo ricco. Gli interessa il cuore di quell’uomo che muoveva solo in una direzione, la propria. Il pensiero del ricco “stolto” è solo per se stesso: anima mia, hai a disposizione molti beni per molti anni; riposati, mangia, bevi e divertiti”. Aveva fatto i conti della ricchezza, ma non i conti con il Signore della vita, era talmente preso dai suoi soldi che il cuore era chiuso e pensava di essere lui il padrone della propria vita. Invece Dio lo porta alla sua realtà, per certi versi spaventosa: “Questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita”. Smontato del tutto dalle sue sicurezze, disarmato, impotente, lui che era così pieno di sé un attimo prima.

Ecco l’insegnamento di Gesù. Non importa se hai tante ricchezze, bisogna cercare di capire il movimento del tuo cuore. Hai un cuore che muove verso gli altri e quindi anche se hai ricchezza non sei chiuso oppure è un cuore egoista che si muove solo verso se stesso? Accumulare i tesori presso Dio è proprio questo movimento verso l’altro. Nel nostro mondo di oggi non si può vivere come isole felici senza tenere conto di tutto ciò che succede attorno a noi. Guai a noi se ci chiudessimo nel nostro egoismo. Il Signore ci invita ad avere tesori presso di Lui e la via più sicura per far questo è proprio quella della misericordia. Bisognerà cambiare la direzione del nostro cuore, ma siccome Dio solo è il padrone dei cuori, ci affidiamo alla misericordia del Padre perché tocchi il nostro cuore e ci faccia imparare la sensibilità del cuore. Chiediamo che lo Spirito ci illumini!

Buona domenica a tutti

P. Sabu

XVI° DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Matthijs Musson - Cristo in casa di Marta e MariaAccogliere Cristo come ospite della nostra vita e stare ai suoi piedi per ascoltare ciò che ci dice: potrebbe essere questo il pensiero che ci deve accompagnare in questo giorno e ringraziamo il Signore per il dono della Sua Parola.

Un po’ in tutte le civiltà, soprattutto in quelle antiche, l’ospitalità è sacra. Per il popolo d’Israele c’è anche una lettura di fede, nel senso che lo straniero gli fa ricordare il tempo in cui era a sua volta straniero in Egitto e come con mano potente Dio lo ha liberato e lo ha portato alla terra promessa. Quindi accogliere un ospite diventava un atto davvero importante e significava rendere grazie al Signore per le meraviglie operate nella vita del popolo. Ecco l’accoglienza che Abramo offre agli ospiti e ospitando l’altro ospita l’Altro che è Dio stesso. E ospitando Dio questa presenza diventa un dono grande che è il figlio atteso da tanto tempo da loro. Quindi accoglienza diventa una benedizione.

E’ facile intuire la trasformazione di questa ospitalità quando si parla di Gesù che incontriamo come ospite nella casa di Marta e Maria. Le prime parole che ci vengono in mente sono le parole del giudizio finale quando il Giudice dice: Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi più piccoli, l’avete fatto a me. Accogliere Cristo ospite non è un semplice atto religioso, non fa semplicemente parte di una cultura, ma accoglierLo significa aprire il cuore verso i fratelli, non avere barriere mentali nei confronti degli altri, avere una cultura sì, ma quella evangelica.

Il Cristo ospite non si comporta come un ospite ordinario, va oltre. Esige attenzione all’essenzialità, esige che stiamo ai suoi piedi per ascoltarlo. Ci invita a non affannarsi nelle vicende quotidiane perché se lui è nostro ospite, è un ospite che trasforma la nostra vita di ogni giorno soprattutto negli atteggiamenti interiori. Non è un disprezzo di tutto ciò che aveva fatto Marta, tutt’altro. E’ un invito a non perdere mai di vista l’essenziale. E’ un invito a ricordare le parole: Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio.

Quante volte nella nostra vita quotidiana rischiamo di correre invano proprio perché Lui non c’è! Quante volte nei nostri affanni e preoccupazioni abbiamo messo fuori Dio perché ci credevamo “padreterni”, salvo poi ritrovarci impotenti di fronte a varie situazioni! Bisogna avere il coraggio di accogliere il Cristo come ospite della nostra vita, stare ai suoi piedi per ascoltare la Sua voce e chiedere il suo aiuto per accogliere l’altro con cui lui si identifica. Stare ai piedi del Maestro è l’atteggiamento fondamentale del discepolo: così si impara dalla persona del Maestro e non dai libri.

Nelle nostre civiltà crescono sempre di più l’anonimato e la solitudine. Possiamo trovare tante ragioni per questi atteggiamenti. Nelle città non si conoscono neanche tra quelli che abitano nello stesso palazzo. Molti cercano di isolarsi dagli altri per un’idea della privacy o per non avere noie e poi ci accorgiamo che con i mezzi di comunicazione nessuno ha al sicuro la propria privacy. Siamo molto più ospitali virtualmente che nella vita pratica di ogni giorno. Il mondo virtuale è diventato per tanti più reale di quello reale. Ecco dove la provocazione del Vangelo: stare ai piedi non virtualmente, ma sul serio. Non allontanarsi dagli ospiti, ma farsi carico delle loro speranze ed angosce. Non perderci nelle preoccupazioni quotidiane, ma trovare tempo per l’altro che poi diventa l’Altro per eccellenza.

Sappiamo che soltanto con le nostre forze non ce la possiamo fare. Chiediamo allora che lo Spirito del Padre ci illumini e ci sostenga.

Buona domenica a tutti!

P. Sabu