XII° DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

due_passeri “Non abbiate paura” è il messaggio rassicurante che la Parola di Dio ci offre in questa domenica. In un mondo dove le violenze degli uomini sembrano prendere sopravvento su tutto e dove sembra non ci sia nulla che possa tranquillizzare il cuore umano, questa parola acquista davvero grande importanza. Ringraziamo il Signore per questa parola.

Siamo nel contesto del Discorso Missionario di Gesù ai suoi discepoli. Aveva mandato i dodici con istruzioni precise e aveva detto loro che li mandava come pecore in mezzo ai lupi, quindi nulla di confortante. Subito dopo questo avvertimento dice loro di non aver paura: ma come si fa? Può una pecora stare tranquilla se si trova in mezzo ai lupi? Con i nostri ragionamenti umani, dovremo dire di no. Ma non è questo il pensiero di Dio e anche oggi continua a ripeterci di aver fiducia in lui.

L’esperienza del profeta Geremia è emblematica: attorno a lui terrore, la calunnia della gente e perfino gli amici cercano di trarlo in inganno, ma è certo che il Signore è al suo fianco. Con Dio accanto, Geremia è sicuro che non prevarranno i suoi nemici su di lui e invita a cantare inni e lodare il Signore. Noi siamo profeti con il nostro battesimo e allora anche noi siamo chiamati a testimoniare la Parola di Dio di fronte al nostro prossimo senza pensare a quello che possano fare gli altri a noi in questa nostra missione.

L’aveva anticipato Gesù nel suo discorso missionario ai discepoli: un discepolo non è più grande del maestro. Se hanno trattato in una determinata maniera il Maestro, il discepolo non può aspettarsi un trattamento migliore. Per essere decisi nel loro cammino, i discepoli devono avere fiducia nella provvidenza del Padre. Dalla natura bisogna prendere l’esempio: due passeri che si vendono per un soldo non cadono a terra senza che il Padre celeste lo sappia. L’uomo che vale molto di più dei passeri deve avere maggior fiducia nella provvidenza del Signore. Bisogna far crescere in noi la consapevolezza di essere importanti per il Padre celeste.

Bisogna avere però timore di colui che può distruggere e corpo e l’anima, cioè di Dio. Geenna era una valle dove i pagani offrivano sacrifici umani agli idoli pagani. Gli ebrei, per disprezzo, l’hanno fatto diventare un inceneritore permanente. Passando vicino a questa valle si vedeva il fuoco che non si estingueva mai. Quando Gesù parlava di avere timore di colui che può gettare nella Geenna, i suoi ascoltatori avevano quest’immagine davanti. Anche se non in questi termini, anche noi siamo chiamati ad aver timore di colui che può veramente giudicarci. Lui che vede i nostri cuori e conosce i nostri pensieri ed atteggiamenti, ci giudica rettamente e bisogna avere il giusto rispetto verso di lui.

Anche in queste parole apparentemente molto dure, si vede la tenerezza del Padre. Non è uno che vuole farci vivere nel terrore, ma vuole che abbiamo uno sguardo fisso su di lui ed essere liberi dalla paura degli uomini pur riconoscendo che possono farci del male nell’adempimento della nostra missione. Però anche nelle nostre tribolazioni non siamo mai lasciati soli, è al nostro fianco e difende la causa di chi si affida a lui. La misericordia di Dio non deve essere confusa col buonismo e la sua giustizia non è da prendere come lassismo e questo vale anche nel nostro cammino quotidiano della vita. Nel nostro essere discepoli del Signore, anche noi siamo chiamati a testimoniare con fermezza e rispetto la nostra fede. Ecco il riconoscere il Signore davanti agli uomini.

Chiediamo che la luce dello Spirito Santo ci illumini la strada e la grazia del Signore ci accompagni sempre.

Buona domenica a tutti!

P. Sabu

CORPUS DOMINI

pane_vivoMangiare e bere: due bisogni fondamentali di ogni persona umana. Può un uomo resistere senza mangiare e bere? Per qualche giorno sì, ma non più di tanto. Ecco perché si grida al miracolo quando sotto le macerie di un terremoto si trovano delle persone ancora vive dopo qualche giorno dell’evento. Riconosciamo tutti la nostra fragilità di fronte alla fame e alla sete. Oggi Gesù ci dice che bisogna mangiarlo e berlo per avere la vita eterna: scherza oppure ci dice qualcosa di straordinario?

Anche i giudei, di fronte ad un discorso del genere rimangono esterrefatti perché pensavano di diventare dei cannibali per avere la vita eterna: per quanto poteva sembrare bello avere la vita eterna, non sembrava altrettanto carino diventare dei cannibali per averla.
Evidentemente il discorso di Gesù rimane su un piano diverso da quello che erano riusciti ad immaginare i suoi ascoltatori. Quindi, il discorso di Gesù rimane incomprensibile per loro. Molto probabilmente anche noi avremmo avuto delle difficoltà per comprendere le sue parole, ci sembrano chiare solo perché c’è una riflessione teologica dietro alle parole che leggiamo oggi.

Qualcuno dice che l’uomo è ciò che mangia. Se l’uomo mangia la carne rimane carne e se mangiasse Dio? Diventa come Dio e per lo meno prende parte alla divinità. Sarebbe bello se pensassimo a questa realtà. Noi
abbiamo la possibilità di partecipare alla vita stessa di Dio, tutte le volte che ci accostiamo a ricevere la comunione. Infatti, le parole rivolte da Gesù ai giudei sono parole veramente importanti: lui non ci vuole cannibali, ma amici che ricevono la sua persona e che imparano da lui come diventare vita per gli altri.

Chi riceve Gesù è chiamato a vivere come Gesù, cioè, una vita spesa per gli altri, una vita piena di amore che è pronta perfino ad affrontare la morte per amore dell’uomo. San Paolo ce lo dice chiaramente nella seconda lettura di oggi: siamo un corpo solo pur essendo molti e diversi. Il messaggio di questa solennità che stiamo celebrando è proprio questo: partecipando all’unico pane che è Cristo, ciascuno di noi è invitato a prendere parte alla mensa del Signore per essere in comunione col nostro prossimo. Il segno più grande che un cristiano deve produrre nella propria vita è il suo atteggiamento nei confronti del prossimo: da questo il mondo saprà se uno crede sul serio alle parole di Gesù oppure non ci crede.

Per rimanere in vita ed essere in comunione con gli altri abbiamo bisogno di mangiare il pane vivo disceso dal cielo. Il paragone è tra la manna nel deserto e Gesù: la manna ha mantenuto in vita il popolo d’Israele durante il loro viaggio nel deserto, però sono morti. Coloro che riceveranno nella loro vita e nel loro cuore il Cristo non moriranno: affronteranno la morte terrena che per chi crede in lui è il passaggio da questa vita ad una vita che non conosce tramonto. Per non restare affamati ed avere la forza per affrontare questo pellegrinaggio terreno insieme al nostro prossimo dobbiamo prendere il cibo che il Signore ci offre.

L’Eucarestia che celebriamo è il più grande ringraziamento che possiamo rendere al Padre, ma è anche il memoriale della morte di Gesù. In questa solennità dovremo pregare Dio affinché faccia diventare un’eucarestia anche ciascuno di noi: da una parte un grande ringraziamento e dall’altra una prontezza per essere un dono per gli altri, per tutti quelli che vengono a contatto con la nostra vita.
Chiediamo che lo Spirito del Padre ci illumini e ci accompagni in questo nostro cammino.

Buona domenica a tutti!
P. Sabu

SANTISSIMA TRINITÀ

vetrata_trinitàLa grazia del Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi, ci dice l’apostolo Paolo nella seconda lettura di oggi. E’ un saluto che sentiamo all’inizio della Messa. Quando noi celebriamo oggi la solennità della Santissima Trinità, il miglior augurio per ciascuno di noi sia proprio questa preghiera. Rinnoviamo la nostra fede nella Santissima Trinità e chiediamo che crei comunione d’amore in ciascuno di noi e nelle nostre comunità.

La preghiera che Mosè rivolge al Signore nella prima lettura, è che cammini in mezzo al popolo. E’ una preghiera che anche noi possiamo rivolgere continuamente a Dio e forse in questa solennità della Santissima Trinità il desiderio più grande che ogni fedele dovrebbe avere è quello di sentire la presenza continua ed amorosa di Dio accanto a sé. Se saremo più consapevoli di un Dio che cammina in mezzo a noi e accanto ad ogni uomo, saremo capaci di affrontare meglio le nostre giornate. Il mistero della Santissima Trinità è fondamentalmente un mistero di amore e di relazione. Il brano del Vangelo di oggi ce lo conferma: Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo figlio unigenito. Sembra che ci siano solo il Padre e il Figlio: ma l’amore per cui il Padre manda il Figlio è proprio lo Spirito Santo. Con una intuizione propria dei santi, Sant’Agostino dice che il Padre è l’Amante, il figlio è l’Amato e lo Spirito è l’amore che intercorre tra il Padre e il Figlio.

Possiamo dire che sono tentativi per cercare di spiegare l’inspiegabile, ma ci fa vedere come la nostra esperienza di Dio sia fondamentalmente un’esperienza di amore. Quello che quindi ciascuno di noi è chiamato a fare durante questa solennità è fare silenzio, adorare e ringraziare. Il dono più grande che Dio fa per gli uomini è il Figlio e questo Figlio, nel suo amore per l’uomo offre la propria vita dando l’esempio. Non perché l’uomo meriti questo dono, ma solo perché l’amore di Dio è molto più grande del peccato dell’uomo. La misericordia di Dio per l’uomo si spinge fino al sacrificio della croce. Forse si spinge ancora oltre nascondendosi in un pezzo di pane per essere mangiato dagli uomini e questa umiliazione diventa il punto più alto della glorificazione dell’obbedienza del Figlio.

Il Padre ama, il Figlio dona se stesso e lo Spirito conferma nell’amore. La comunione tra le persone della Santissima Trinità diventa esempio di comunione e di amore tra tutti coloro che ascoltano la sua voce. Nell’accogliere nel nostro percorso di fede il mistero della Trinità siamo chiamati a produrre i frutti della loro presenza in noi. S. Paolo oggi ce lo dice chiaramente: essere gioiosi, tendere alla perfezione, farsi coraggio a vicenda, vivere in pace. Dovremo allora cercare di capire se effettivamente nel nostro cammino sono presenti queste virtù e queste caratteristiche e così potremo sapere se siamo in armonia con la Santissima Trinità oppure siamo lontani da loro e abbiamo bisogno di una conversione all’amore e alla comunione della Trinità.

Chiediamo che l’amore di Dio, la grazia di Gesù e la comunione dello Spirito ci accompagnino sempre.

Buona domenica a tutti

P. Sabu

DOMENICA DELLA PENTECOSTE

PentecosteSi compiono i giorni di attesa e arriva il dono più prezioso del Signore risorto: lo Spirito Santo. Insegnerà agli apostoli tutta la verità e accompagnerà loro con la sua presenza. L’evento della Pentecoste è quindi fondamentale per la vita dei discepoli perché li trasforma e li rende capaci di testimoniare con coraggio la loro fede nel Signore risorto.

I segni esteriori della discesa dello Spirito, vento forte, fuoco, sono segni che avevano accompagnato la teofania sul monte Sinai. Tutta la gente era sotto il monte e di fronte alla manifestazione della gloria di Dio dicevano: tutto ciò che il Signore ha detto e comandato noi lo obbediremo. Ricevono le leggi scritte su tavole di pietra, ma quando arriverà lo Spirito, saranno i cuori ad essere trasformati e accoglieranno la legge del Signore nei loro cuori. L’effetto della prima predicazione di Pietro nel popolo sarà proprio quello di sentirsi trafiggere il cuore ed è un segno che è lo Spirito ad accompagnare la predicazione.

Non solo vento e fuoco, ma anche il modo con cui ascoltano le parole degli apostoli: ciascuno sente parlare nella propria lingua. Parlare le lingue è un modo per comunicare con gli altri. Nel nostro vivere quotidiano ci rendiamo conto che se uno conosce diverse lingue ha la possibilità di comunicare con più persone e non conoscere una lingua invece, sembra un impedimento nella comunicazione. Possiamo dire che la discesa dello Spirito Santo diventa un nuovo modo di comunicazioneuna comunicazione del cuore dove a dettare la legge non sono le regole grammatiche, ma l’amore che viene da Dio.

Tutti quelli che erano presenti a Gerusalemme nel momento della Pentecoste, sentono gli apostoli parlare nella loro lingua. C’è sicuramente questo nuovo modo di comunicare e la gente è toccata nel cuore. Succede proprio il contrario di Babele: là la diversità delle lingue è un impedimento ed infatti c’è la divisione mentre con l’arrivo dello Spirito Santo c’è la comunione. Possiamo dire che il diavolo porta divisione mentre lo Spirito porta unità e amore. Infatti gli Atti degli Apostoli ci fa notare che loro erano riuniti insieme nello stesso luogo. Da questa comunità che accoglie lo Spirito parte la scintilla che incendierà molti cuori dell’amore del Signore. Gesù aveva detto: sono venuto a portare il fuoco sulla terra e come vorrei che fosse già acceso. Le sue parole diventano oggi realtà e il fuoco dello Spirito Santo è acceso nei cuori degli apostoli e tramite loro ancora oggi continua ad infiammare i cuori di chi è capace ad aprirsi all’azione di Dio.

Gesù manda i suoi discepoli come il Padre aveva mandato Lui. In questo mandato missionario, l’unica forza che avranno i discepoli è lo Spirito che li accompagnerà durante lo svolgimento della missione. Anche noi abbiamo ricevuto lo Spirito del Padre attraverso il nostro battesimo e siamo chiamati a svolgere la nostra missione portando agli altri la buona notizia del Regno. Ricordiamoci sempre di questa nostra missione e del grande accompagnatore che abbiamo durante il viaggio. Ancora una volta si compiono le parole del Maestro: Non vi lascerò orfani, vi manderò il Paraclito.

Chiediamo allo Spirito che in un modo eminente scende sugli Apostoli oggi, scenda anche su ciascuno di noi ancora una volta e ci confermi nella nostra fede. Sostenuti dalla sua presenza ed aiuto impegniamoci perché tutti quelli che vengono a contatto con la nostra vita possano sperimentare quel fuoco di amore con cui siamo stati rivestiti. Chiediamo che la grazia del Padre ci accompagni e ci sostenga nel nostro cammino.

Buona domenica di Pentecoste a tutti!
P. Sabu

ASCENSIONE DEL SIGNORE

mani-due-al-cieloSiamo alla domenica dell’ascensione del Signore e la parola di Dio ci invita a vivere il nostro rapporto con il Signore in una maniera più profonda.

La pagina del Vangelo ci parla di tre cose; una dichiarazionemi è stato dato ogni potere in cielo e sulla terraun mandato missionarioandate in tutto il mondo e fate discepoli …insegnando lorouna promessa: io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo. Una dichiarazione che rassicura sulla sua persona a cui si fa affidamento, un mandato per portare avanti la missione del Maestro e una promessa che conforta e dona serenità e forza.

La festa dell’ascensione diventa dunque un momento in cui il Maestro ricorda ai suoi discepoli che adesso tocca a loro. Non è un momento di addio, ma un momento di avvio. Avevano avuto la sua presenza fisica con loro fino a quel momento e il distacco poteva destabilizzarli, invece dice loro che continuerà a stare con loro, ma in una maniera diversa. Forse in un modo più intenso, ma sicuramente diverso.

Il Maestro che torna al Padre non solo ha parlato con i discepoli di allora, ma continua a parlare con ciascuno di noi anche oggi. Con il nostro battesimo anche noi abbiamo ricevuto il mandato missionario di portare alle genti il lieto messaggio del Signore. Sappiamo che la più grande predica che possiamo fare è la nostra vita. San Francesco, nel mandare i suoi discepoli a predicare, diceva loro di aprire la bocca se proprio era necessario, facendoli capire che già la loro presenza in mezzo alla gente doveva essere la predica più efficace.

In questo annuncio della Buona Notizia, non siamo mai soli. Ecco la promessa del Maestro: sono con voi tutti i giorni fino alla fine dei tempi. Il Maestro assicura la sua presenza accanto al discepolo. È interessante notare che nell’annunciazione il nome rivelato dall’angelo è Emanuele che significa Dio con noi. Dio mantiene la sua promessa: il Dio con noi, nato per portare la salvezza a tutta l’umanità, rimane sempre il Dio accanto all’uomo per fortificarlo ed incoraggiarlo nella sua missione. Questa è la certezza che Gesù offre ai suoi.

Nel nostro continuo guardare al cielo per chiedere la forza dal Signore, ricordiamoci che non ci abbandona mai. Assicura la sua presenza in noi ed accanto a noi. L’Eucaristia che celebriamo è la più grande manifestazione dell’adempimento di questa promessa. Rinnoviamo la nostra fiducia nel Signore e chiediamo che ci faccia sentire la sua presenza nella nostra vita. In questa settimana che ci separa dalla festa della Pentecoste, intensifichiamo la nostra preghiera allo Spirito perché scenda su ciascuno di voi e ci confermi come discepoli del Signore.

Buona domenica di tutti.

P. Sabu

VI° DOMENICA DI PASQUA

dare_esempio_amareAmare, osservare i comandamenti: sono le fondamenta su cui si basa tutta la Parola di Dio di oggi  e questo ci dice come il nostro cammino come discepoli del Signore dipenda dalle scelte che noi facciamo in questi due ambiti.

All’apparenza sembrano due cose che non andrebbero mai d’accordo e chissà quante volte abbiamo sentito anche noi oppure l’abbiamo detto anche noi: non si può comandare al cuore. Nasconde in qualche modo una ribellione contro ogni specie di limite o freno che si può avere durante un cammino. Quando si parla dei comandamenti, si pensa subito all’imposizione, all’ordine e evoca obbedienza, sottomissione ecc. insomma tutte cose che non vorremo mai nella nostra vita. Eppure oggi Gesù ci dice: Se mi amate, osserverete i miei comandamenti. Si tratta allora di capire come mettere d’accordo cuore e regole, passione e limiti, tenerezza e ordini.

Diventa importante qui la presenza di una persona, di uno Spirito che è chiamato il Paraclito. Il termine Paraclito veniva tradotto come consolatore, ma adesso gli studiosi preferiscono lasciare il termine così come è e che significa chiamato presso qualcuno. Attenzione dunque. Lo Spirito Santo è vicino a noi perché Gesù, dopo la sua risurrezione ha chiamato vicino a noi lo Spirito del Padre perché rimanga accanto a noi e ci guidi sui sentieri della nostra vita. Io pregherò il Padre ed egli vi darà lo Spirito: dice Gesù. Lo Spirito Santo è, quindi, il dono più grande che Gesù fa ai suoi discepoli dopo la sua risurrezione.

E’ la presenza dello Spirito che ci darà la sicurezza del cammino e ci insegnerà ogni cosa. Vivere i comandamenti nell’amore e non nell’imposizione sarà possibile solo se avremo in noi lo Spirito del Padre e saremo docili alle sue azioni in noi. Ecco perché Gesù ci manda questo Spirito che sta accanto a noi sempre e ci rende capaci di osservare i suoi comandamenti.

C’è un contrasto di cui Gesù parla nel Vangelo di oggi: mondo e discepoli. Il mondo non vede e non riceve lo Spirito, ma i discepoli sì. Il mondo non vedrà più il Signore, ma i discepoli sì. Bisogna cercare di capire da che parte siamo: stiamo dalla parte del mondo che rifiuta l’amore del Signore e non è docile all’azione dello Spirito oppure scegliamo lo Spirito che sta accanto a noi e cammina con noi sui sentieri della vita.

Sappiamo che la scelta non è facile anche perché dire di amare Gesù vuol dire accettare il suo esempio di amore nella nostra vita. E’ uno che dona la propria vita per il suo gregge, è colui che diventa obbediente al Padre fino alla morte in croce, è colui che si china ai piedi dell’altro per lavarli e lasciare l’esempio di umiltà per tutti coloro che l’accolgono. Ecco perché bisogna amarlo prima di tutto. Non ci stancheremo mai di ripetere che la nostra fede è accogliere una persona e non qualche idea. Una volta che siamo sicuri di aver accolto la persona di Cristo nel nostro cammino, il nostro amore per lui si manifesta nei gesti concreti della vita quotidiana, nell’osservanza di tutto ciò che ci ha detto.

Invochiamo ogni giorno della nostra vita l’aiuto dello Spirito che ci guidi e ci insegni ogni cosa, illumini il nostro cuore e la mente per accogliere la Sua parola e metterla in pratica. Ringraziamo Gesù per
questo grande dono e chiediamo che il Padre ci sostenga sempre con la sua misericordia.

Buona domenica a tutti!

P. Sabu

V° DOMENICA DI PASQUA

Questa settimana purtroppo non mi è stato possibile preparare la riflessione, pubblichiamo allora il testo completo del Vangelo della Domenica.

IO SONO LA VIA, LA VERITÀ E LA VITA
Giovanni Cap. 14, ver. 1-12
seguire GesùIn quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: Vado a prepararvi un posto? Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. E del luogo dove io vado, conoscete la via». Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?». Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto». Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: Mostraci il Padre? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere. Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse. In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre».

Buona domenica a tutti!

P. Sabu

IV° DOMENICA DI PASQUA

Papa (il Buon Pastore)

Questa è la domenica del Buon Pastore e dal 1964, per volere del papa Paolo VI,  è  celebrata  come domenica della preghiera per le vocazioni. Quindi ricordiamoci questo nostro impegno di pregare perché il Signore mandi tanti operai nella sua messe e che possano seguire sempre meglio l’esempio del Buon Pastore.

Una delle immagini del Signore più cara alla tradizione cristiana è proprio quella del Buon Pastore. Il pastore che ha tra le braccia o sulle spalle una pecorella fa sorgere tenerezza ed un senso di sicurezza. Oggi siamo chiamati a sentirci dentro questo abbraccio di Gesù e sentirci tranquilli e sereni tra le sue braccia.

Nella sua predicazione, l’abbiamo ascoltato nella seconda lettura, Pietro afferma: eravate erranti come pecore, ma ora siete stati ricondotti al pastore e custode delle vostre anime. Il bello del nostro essere gregge di Gesù è proprio il fatto che noi abbiamo questo buon pastore che ci conosce uno ad uno e ci chiama per nome. Non siamo una folla anonima, ma un popolo chiamato per nome. Essere discepoli del Signore, allora, vuol dire impegnarci perché questo amore e predilezione di Dio, riversati nei nostri cuori siano testimoniati fedelmente nella nostra vita.

Bisogna sempre ricordarci che il Signore ci ama e ci chiama per primo. Non siamo noi a prendere l’iniziativa del nostro cammino, ma è Dio stesso che con il suo amore ci guida e ci protegge. Il paragone che Gesù mette davanti ai suoi ascoltatori è tra mercenario e pastore: mentre il mercenario bada solo al tornaconto, il pastore è colui che è pronto a dare la sua vita per il suo gregge. E’ uno che si preoccupa non della propria, ma della vita del gregge.

In questo contesto diventa importante il nostro rapporto personale con il Signore. L’intimità che c’è tra il pastore e le pecore è qualcosa di sconosciuto per gli estranei, ecco perché i farisei non comprendono le parole di Gesù. Il gregge segue il pastore perché ne conosce la voce e si sentono sicuri nel seguirlo.

Gesù non si accontenta di essere il pastore del gregge, ma dice che lui è anche la porta dell’ovile. Per entrarci e per farne parte bisogna passare per questa porta. Quindi ancora una volta dobbiamo sottolineare come il nostro cammino non sia un’ideologia da accettare o un insieme di regole da osservare, ma una persona da amare, abbracciare e seguire. In questo consisterà anche il nostro impegno quotidiano di cristiani. Quando si ama veramente una persona si ha sempre il desiderio di ascoltarlo, di stargli vicino, di aprire il nostro cuore senza paura di essere fraintesi. Si cerca sempre di imparare ciò che c’è di buono in quella persona. Lo dobbiamo fare nel nostro rapporto con il Signore e deve diventare il marchio di fabbrica per ogni cristiano.

Che il nostro buon Pastore che ci conduce sui sentieri della vita ci faccia sentire sempre il suo amore per noi e sostenuti dalla sua grazia e dalla sua misericordia, possiamo andare avanti sereni nel nostro cammino della vita.

Buona domenica a tutti!

P. Sabu

III° DOMENICA DI PASQUA

spezzare_il_paneResta con noi, Signore”: dovrebbe essere la preghiera che sale dai nostri cuori al Signore Risorto e che insistentemente chiede da lui la forza per affrontare il cammino terreno della nostra vita. Ringraziamo il Signore per la sua presenza con noi.

Erano disperati i due discepoli che affrontavano il cammino verso Emmaus. Avevano posto la loro speranza in un maestro, ma con la sua morte le speranze si sono tramutate in delusioni: speravamo, dicono e non c’è più alcun motivo per continuare a sperare. Il cammino è affrontato con tristezza e paura. I ricordi non sono belli ed aumentano ancora di più l’angoscia del cammino. Si sentono soli ed abbandonati, delusi da colui in cui avevano posto ogni speranza. Anche quel viandante che si affianca loro dà quasi fastidio: è uno che non è stato attento a tutto quello che è successo a Gerusalemme, solo tu sei forestiero.

Eppure lo ascoltano volentieri, parla lui e loro lo ascoltano nel silenzio del cuore ed alla fine riconosceranno che il loro cuore ardeva mentre lo ascoltavano. Nel silenzio del cuore entra la parola di Dio con la sua forza e penetra le profondità del cuore. La paura cede il passo all’accoglienza. Invitano il Signore a stare con loro: resta con noi perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto. Nel buio della vita sarà Lui ad accendere la nostra vita, quando anche nella nostra anima scende la sera e paura e tristezza sembrano prendere sopravvento, bisogna dirGli: Signore resta con noi.

Attorno alla mensa, attorno ad un gesto semplice e quotidiano come spezzare il pane, riconoscono il loro maestro. Veramente toccante questa scena: pensate come si emozionano i due al vedere il loro maestro vivo davanti a loro! Come si accendono le luci della speranza nel loro cuore mentre egli condivide il pane con loro! Avevano iniziato il viaggio carichi di tristezza, delusione e paura, ora però è cambiato tutto: non ardeva il nostro cuore! Inizia una nuova vita e ritornano a testimoniare tutto l’accaduto agli altri.

Un cammino, una mensa e una testimonianza: sono le tre cose che devono rimanere nel nostro cuore dopo che abbiamo riflettuto sulla Parola che il Signore ci ha donato oggi. Noi siamo in cammino nella nostra vita e bisogna continuamente pregare che il Signore rimanga con noi sempre. Se lo ascoltiamo nel silenzio del nostro cuore ci accenderà con la luce del Suo Spirito.

Ogni volta che celebriamo l’Eucarestia, è Cristo stesso che si spezza per noi e si dona completamente per ciascuno di noi. Lui prende il pane, recita la preghiera e lo dona a noi. Un gesto semplice e quotidiano: quante volte anche noi abbiamo partecipato a questi gesti nella celebrazione eucaristica! Ascoltiamo la Parola e ci comunichiamo al pane eucaristico. Il nostro cuore arde o rimane sempre freddo? Bisogna domandarcelo qualche volta. La Parola ascoltata e il pane condiviso ci darà l’entusiasmo e gioia nel testimoniare davanti agli altri la nostra fede nel Signore risorto.

Chiediamo allora che la Parola entri con tutta sua forza nel nostro cuore e che il Pane del cielo ci rafforzi nel cammino.

Buona domenica a tutti!
P. Sabu

II° DOMENICA DI PASQUA

san_tommaso_mio_signore_mio_dioQuesta domenica viene chiamata domenica della divina misericordia per volere del Papa San Giovanni Paolo II e la Parola di Dio ci parla proprio della misericordia che Gesù ha avuto nei confronti del suo discepolo Tommaso.

Non era con gli altri discepoli Tommaso, quando Gesù era apparso a loro. Può avere una connotazione negativa nel senso che la presenza del Signore si ha in comunione con gli altri discepoli e non lontani dalla comunità. Ma in senso positivo possiamo cercare di vedere in quel gesto anche la volontà e il coraggio di uscire dalla casa dove si erano rinchiusi per paura dei giudei. Troppo in fretta giudichiamo questo discepolo “incredulo” sottolineando solo la prima parte dell’evento e non cercando di capire bene la seconda parte dove c’è una grande acclamazione della fede: mio Signore e mio Dio.

Il Vangelo di Giovanni ci presenta san Tommaso sotto diverse angolature. Prima della risurrezione di Lazzaro viene presentato come colui che dice: “Andiamo a morire anche noi con lui”, un discepolo molto spavaldo. Dopo, quando Gesù ha detto che va a preparare il posto per loro chiede: “Signore, non sappiamo dove vai, come possiamo conoscere la via?” Sembra un po’ ingenuo e di non aver compreso bene le parole del Maestro, ma dà l’occasione a Gesù per fare un’affermazione grandiosa: “Io sono la via, la verità e la vita“. Il terzo momento è quello nostro e il quarto sarà l’occasione della pesca miracolosa.

Dunque non stiamo parlando di un discepolo sconsiderato. Chissà cosa stava provando dopo la morte del suo Maestro! Aveva incitato gli altri ad andare a morire con lui, ma di fatto, insieme con gli altri aveva lasciato solo il Maestro. Come gli bruciava dentro questa incoerenza! Forse anche per questo non riusciva a restare chiuso dentro casa e guarda caso proprio quando non c’era il Maestro si presenta: non ci poteva credere.

Il fatto più importante e bello è proprio la misericordia di Gesù di fronte a questo discepolo. Per Dio anche le fragilità più grandi della vita umana non sono nulla. La sua misericordia supera tutti i nostri peccati e le nostre mancanze e ci rende capaci di acclamarlo mio Signore e mio Dio. La sua presenza ci rende capaci di grandi testimonianze e nella nostra fragilità manifesta la sua forza.

Di fronte al dubbio del discepolo Gesù non dimostra rivalsa, ma tenerezza e misericordia. Non vince l’incredulità del discepolo sgridandolo o usando violenza nei suoi confronti. Con il suo amore disarma il discepolo nel suo dubbio e lo rende capace di una grande testimonianza. Il percorso di fede di Tommaso è abbastanza incerto fino a questo momento, ma non da questo momento in poi. Diventa un discepolo davvero coraggioso e porta alle popolazioni lontane il messaggio del Vangelo.

Oggi questo discepolo diventa un maestro per noi. Tommaso è chiamato Didimo, cioè, Gemello. Alcuni dicono che si chiama così perché in lui ci sono due percorsi: quello di fede e del dubbio. Possiamo essere noi il gemello di Tommaso perché il percorso di fede nostro è un percorso che potrebbe essere come il suo che parte dalle incertezze ed entusiasmi, ma cresce fino a diventare una certezza e un grande annuncio. Cerchiamo anche noi di annunciare con coraggio la nostra fede in Cristo Gesù, portare il suo messaggio per gli altri e quando le delusioni del cammino e le ferite della vita ci segnano, la presenza del Risorto diventi balsamo sulle nostre ferite e speranza del nostro cammino. Chiediamo che lo Spirito del Padre ci accompagni sempre in questo cammino.

Buona domenica a tutti!

P. Sabu