Torino, 26 dicembre 1844 – Savona, 30 maggio 1895
Nato a Torino il 26 dicembre 1846. Figlio di Anna Maria Viale e di Vincenzo Marello. Ebbe un fratello che si chiamò Vittorio. La madre morì quando Giuseppe aveva solo quattro anni. Il padre lasciò l’attività di commerciante per tornare al paese natale, S. Martino Alfieri, ove Giuseppe e Vittorio poterono essere educati con maggior attenzione anche con l’aiuto dei nonni.
A undici anni, al termine delle scuole che noi chiameremmo elementari, decise di entrare in seminario e comunicò il suo desiderio al padre al ritorno da un viaggio-premio a Savona, viaggio che si era concluso con la visita al Santuario della Madonna della Misericordia. Il padre, poco entusiasta, acconsentì comunque e permise al figlio di entrare nel seminario di Asti. Il ragazzo entrò in crisi nell’adolescenza, anche a seguito di un periodo trascorso fuori del seminario a seguito della seconda guerra d’indipendenza. Mentre studiava da geometra e faceva pratica a Torino, progettava anche di entrare in politica e di impegnarsi nella costruzione di un mondo più giusto. ma non era proprio quella la sua strada e un certo impegno evidenziava anche il suo desiderio di qualcosa di più che un’attività soltanto nel sociale.
Nel 1863, in seguito ad una grave malattia (tifo), quasi in fin di vita gli sembrò di vedere in sogno la Consolata che lo invitava a rientrare in seminario. Guarito, ottenne dal padre il permesso di dare una nuova svolta alla sua vita e si ripresentò nel seminario di Asti “Quando la meta è fissa, può crollare il mondo, ma bisogna guardare là e sempre là” scriverà più tardi ad un amico. Il 19 settembre 1968 veniva ordinato sacerdote nella cattedrale di Asti. Il suo Vescovo, Mons. Carlo Savio, lo volle con sé come segretario.
D. Giuseppe, stando con il suo Vescovo, si rese conto delle principali necessità della sua Diocesi e del Piemonte di quel tempo in generale. Ebbe l’occasione di vivere qualche tempo a Roma, durante il Concilio ecumenico Vaticano I. Fece una grande esperienza di Chiesa universale e si sentì particolarmente felice per la proclamazione di S. Giuseppe a Patrono della Chiesa universale e dell’infallibilità del Papa. Tornato ad Asti, oltre a fare il segretario fu un ottimo direttore di spirito e confessore fedele.
Rendendosi conto dei bisogni per la gioventù, ma anche per tante parrocchie spesso scoperte per lunghi periodi, prima cercò qualcuno che si impegnasse a trovare una soluzione a tali ed anche ad altri problemi, poi si sentì in dovere di impegnarsi in prima persona giungendo, il 14 marzo del 1878, a radunare intorno a sé i primi quattro fratelli.
Nasceva nell’orfanotrofio Michelerio di Asti, la ‘Compagnia di S. Giuseppe’. Furono in principio solo fratelli laici, poi giunse anche D. Giovanni Cortona e la compagnia si aprì alla realtà del ministero sacerdotale, in aiuto ai parroci, nel fare catechismo e tutto ciò che fosse ritenuto utile guardando alla gioventù, ma anche agli anziani abbandonati ed ai malati cronici.
Aveva solo 44 anni quando Leone XIII lo chiamò a guidare la Diocesi di Acqui. Gli restava poco da vivere ormai, ma lui non lo sapeva e comunque si dedicò con tutte le sue forze alla conoscenza ed alla guida di quella porzione di Chiesa che Dio gli aveva affidato. E’ significativo che nei soli sei anni di episcopato sia riuscito a visitare tutti i paesi della Diocesi, estremamente sparsa come territorio e con paesi difficili allora da raggiungere.
Si fece amare da tutti per la sua condiscendenza, per il suo saper soffrire, tante volte, in silenzio; per il suo sorriso. Eppure era un carattere forte. Continuò a guidare anche la piccola congregazione che aveva lasciato ad Asti ed a difenderla dai pericoli che rischiavano di soffocarla.
A soli cinquant’anni Dio lo chiamò a sé. L’ultima messa andò a celebrarla proprio al santuario della Madonna della Misericordia di Savona, là da dov’era partita la sua vocazione sacerdotale: era a Savona per celebrare le feste di S. Filippo Neri e non aveva disdetto l’impegno nonostante non si sentisse bene. Morì così lontano dai suoi, assistito soltanto dal suo Vicario Mons. Pagella che, come aveva promesso al Marello morente, difese e ottenne il riconoscimento della nascente Congregazione dei Padri Oblati di San Giuseppe.
La sua santità fu pubblicamente riconosciuta dalla Chiesa con la proclamazione a Beato fatta da Giovanni Paolo II il 26 settembre del 1993 ad Asti. In seguito al riconoscimento di un nuovo miracolo, questa volta in favore di due fratellini di uno sperduto villaggio delle Ande (Ranquish, Perù), lo stesso Giovanni Paolo II ha iscritto il nome del Marello nell’Albo dei Santi, il 25 novembre 2001, domenica di Cristo Re.
La Chiesa ne celebra il ricordo nel giorno della sua nascita al cielo, il 30 maggio di ogni anno.